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Posts Tagged ‘photo’

Karl Taylor è un fotografo professionista dal (terribile accento 🙂 ) che ogni tanto posta degl interessanti video.
In questo, proponendoci delle belle immagini, parla della luce naturale e di come sfruttarla per ottenere delle belle foto.

Mi piacciono i video dove si vedono fotografi all’opera, specie nei casi in cui si riesce a percepire la loro passione.

In questo trovo particolarmente riuscita la parte in cui fa vedere come cerca e trova il suo scatto a “lunga esposizione” del mare al tramonto, non preoccupandosi di bagnare piedi e treppiede…. 🙂 

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Strand_MrBennet

Mr. Bennett, Vermont - Copyright 1946 Paul Strand

Gli studiosi della nostra mente la chiamano “attivazione reticolare”. E’ il sistema che il cervello utilizza per stabilire a quali percezioni dare la priorità nel flusso continuo di informazioni e stimoli che ci raggiungono.

E’ una sorta di filtro tra il livello cosciente di ciò di cui ci rendiamo conto e quello subconscio che comunque viene raggiunto da tutte le stimolazioni sensoriali a cui siamo esposti e sensibili.

Probabilmente ti sarà capitato di approfondire un argomento o interessarti di qualcosa di nuovo ed accorgerti di notare cose a tale riguardo che probabilmente c’erano anche prima ma a cui, per scarsa attenzione su quello specifico ambito, non avevi mai fatto caso. Questo è un esempio di come può intervenire l’attivazione reticolare.

Quella sopra è una famosissima foto di Paul Strand, il ritratto di Mr. Bennett.
E’ una immagine che mi è sempre piaciuta, la trovo tra le più belle di questo grande fotografo.

Pochi giorni fa la stavo guardando e per un attimo ho provato ad immaginarmi l’istogramma di questo splendido bianco e nero ma ecco…
Non l’avevo mai notato così, ma quel bottone bianco.. è totalmente sovraesposto…

Da quel momento è come se il mio cervello avesse riclassificato l’immagine.
Non mi è più possibile non notare e dare una grande importanza a quel bottone in mezzo che forse, dirai, è la chiave per l’intensità e la vitalità dell’intera immagine.
Probabilmente è proprio quel piccolo dettaglio che ne determina la bellezza.

Ma io non ci avevo mai fatto caso.

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Caos ciclico

Caos ciclico - © Copyright 2008 Pega

Sarà una deformazione derivata da altre mie attività, ma a volte trovo utile provare a costruire una traccia, o meglio una vera e propria checklist, che mi aiuti a fare le cose.
E’ un metodo che a volte ridicolo ma che spesso può fare la differenza tra un risultato accettabile ed un fallimento. Perchè quindi non provare con la fotografia?
Farsi delle domande prima di scattare potrebbe essere la chiave per migliorare e per fotografare in un modo che sia il più possibile attivo e creativo.
L’approccio può essere del tutto personale e bilanciato in modo variabile a seconda delle proprie inclinazioni, dando più o meno importanza agli aspetti artistici o tecnici.
Ecco un mio propotipo di checklist che sto provando a seguire prima di effettuare uno scatto…
Delle semplici domande da farsi sul momento, non tanto per cercare sempre e comunque delle risposte, quanto per approfondire le ragioni che ci spingono a fare proprio quella fotografia. 

1 – Qual’è il soggetto della foto?

2 – Mi interessa davvero questo soggetto?

3 – Questo soggetto potrà interessare a qualcun altro oltre che a me?

4 – La foto racconterà una storia? Quale?

5 – La foto mi emozionerà? Farà emozionare?

6 – La foto potrebbe offendere qualcuno?

7 – Sarà una foto che mi interesserà anche tra tanto tempo?

Non so se hai mai provato a fare qualcosa del genere. Magari lo fai già in modo istintivo, ma la mia idea è di portare a livello cosciente questa sorta di analisi.
Sicuramente è una pratica che può avere le sue controindicazioni, ad esempio ha una certa azione inibitoria… e tende a far ridurre un po’ il numero di scatti.
E’ solo un’idea. Ancora una volta si tratta di un piccolo esperimento, un semplice metodo per fare un po’ di autocritica ed uno stimolo a far foto più interessanti.

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Michael YamashitaAnche questo mese voglio segnalare il bel volumetto che viene proposto in edicola allegato alla rivista National Geographic.

E’ il secondo della serie “grandi fotografi” iniziata con il numero di Gennaio dedicato a Mc Curry di cui ho parlato in un recente post e che ho apprezzato molto.

Visto che a quanto mi è stato riferito, questi allegati sono risultati in qualche caso difficili da reperire ed esauriti in edicola, questo mese te lo segnalo con minore ritardo…

E’ un’ottima occasione (scusa) per ritagliarsi un piccolo momento nel weekend e sedersi a gustare (o degustare) delle splendide fotografie…

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Henri-Cartier-Bresson-Rue Mouffetard

Rue Mouffetard – Copyright 1954 Henry Cartier-Bresson

Immagina per un attimo che uno scatto inedito di un grande maestro della fotografia venga postato un utente qualsiasi, su Flickr o su qualche gruppo fotografico su Facebook. Una foto tipo questa “Rue Mouffetard” di Henri Cartier-Bresson ad esempio.
Credo che passerebbe praticamente inosservata, proprio come il violinista Joshua Bell nell’esperimento che citavo nel post di ieri.
Sono sicuro che i pochi commenti che riceverebbe sarebbero roba tipo: “attento alla composizione”, “è un po’ storta” o anche sicuramente “gli hai tagliato i piedi”…
Niente a che vedere con lo strepitoso successo con migliaia di visite e commenti che a volte capita di notare per foto che, sebbene ottimamente eseguite e trattate, non rappresentano alcunchè di interessante dal punto di vista artistico.
Probabilmente i ritmi sempre più serrati a cui tutti siamo progressivamente costretti stanno esigendo molto. Portano ad un cambiamento nella capacità di percepire ed approfondire.
Succede che siano sempre di più quelli di impatto visivo e non quelli di impatto emotivo, gli elementi che sulle prime ci attraggono maggiormente, anche se poi è un “guarda, stupisciti e… dimentica”.

Ma resta il fatto che se invece troviamo il modo di “staccare un attimo”, di prenderci qualche minuto ed osservare una foto come questa, con calma, ecco che scopriamo come sia possibile emozionarsi ed innamorarsene, immaginare tutta la storia, sentire suoni, voci, odori… e naturalmente tornare a vederla tante altre volte.

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Distracted by a glamorous fan

Distracted by a glamorous fan - © Copyright 2009 Pega

Di qualunque tipo di attività si parli, tutti abbiamo un’area di azione in cui ci sentiamo a proprio agio e che preferiamo non lasciare.

Per la fotografia questa “comfort zone” può essere ad esempio l’insieme di abitudini e tecniche che abbiamo sviluppato, oppure il tipo di immagini che preferiamo fare, o anche una serie di luoghi che prediligiamo.

Mi rendo conto che questa “zona di confidenza” può essere facilmente confusa con quello che normalmente chiamiamo ed intendiamo come “di proprio gusto”, o forse anche come “stile”, però non si tratta esattamente della stessa cosa. La linea di demarcazione è sottile ma almeno in questo post mi riferisco ad altro.

Io parlo del fatto che c’è ad esempio chi preferisce usare solo ad alcune impostazioni della sua fotocamera, chi si limita al bianco e nero o sceglie solo alcune tipologie di soggetti non per una precisa scelta stilistica ma perchè in qualche modo si sente più a suo agio così.

Ecco: provare a far capolino fuori da questa “zona” ed addentrarsi in nuovi terreni può riservare piacevoli sorprese. Come tutti i cambiamenti potrà essere più o meno faticoso ma può valerne la pena.

Pensa un po’ alla tua personale “comfort zone” e prova ad individuarne i confini.
C’è qualcosa che fotograficamente non ti spingi a fare perchè non ti ci senti a tuo agio? Che non ti sembra nelle tue possibilità? O che ti sembra che non ti piaccia?

Beh, prova a dedicare una piccola porzione del tuo tempo ad esplorare proprio in quelle direzioni dove non ti senti a tuo agio. Non deve essere un cambiamento delle tue abitudini ma solo un esperimento.
Potrebbe venirne fuori qualcosa di interessante.

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Snow Koala with Sunset Flower

Snow Koala with Sunset Flower

C’è una frase di  Henry David Thoureau che dice : “The question is not what you look at, but what you see” (Trad: Il punto non è cosa guardi, ma cosa vedi).
Sto pensando di stamparla su un piccolo adesivo ed appiccicarla proprio sotto al display della mia macchina fotografica.

Credo che proprio in questo concetto sia molto della fotografia, della capacità di realizzarla ed anche apprezzarla.

Vedere è il risultato di un processo dove il guardare è solo l’input. A questo flusso in ingresso si applica tutta l’elaborazione razionale ed emotiva di cui siamo individualmente capaci.

A volte ci si meraviglia di cosa può succedere… 🙂

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Originale e creativo.
Un modo diverso per presentare il proprio portfolio :

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Old bike
Old bike – Copyright 2008 Pega

L’anno nuovo si avvicina. Per il 2010 voglio provare a mettere in cantiere un piccolo progetto fotografico basato su un tema specifico e sulla regolarità nel tempo.

Si, lo so che non è niente di assolutamente originale ma per me è una novità dato che non ci ho mai provato.

Potrebbe essere orientato a fare una foto al giorno, o forse una foto alla settimana o anche solo una foto al mese. L’importante sarebbe avere delle scadenze fisse, perchè le “deadlines” sono stimolanti ed aiutano ad essere produttivi, anche nelle attività creative.

Ed il tema ? Sicuramente eviterò un tema dove il soggetto sia di tipo tecnico. Ho visto degli splendidi progetti su Flickr durante quest’anno basati sul bokeh o sulla fotografia macro o sul bianco e nero ma… non fa per me.
Probabilmente mi orienterò su un tema… emozionale… su un fil rouge che dovrà unire le varie foto senza creare un vincolo tecnico.

E tu cel’hai un progetto fotografico per il 2010 ?
Potrebbe essere interessante condividerlo. O anche farlo in collaborazione.

🙂

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Dissenso generazionale

Dissenso generazionale - Copyright 2009 Pega

Un amico appassionato di fotografia mi raccontava, alcuni giorni fa, di come il suo portfolio sia criticato in maniera così diversa a seconda della persona che lo valuta.
Gli capitano sia stroncature totali che giudizi totalmente positivi. Entusiastiche proposte di lavoro e consigli di “lasciar perdere”…  riceve giudizi spesso fortemente diversi anche nel volgere della stessa giornata.
In qualche caso è una discreta prova per il morale…  una sorta di “montagne russe” dell’entusiasmo nei confronti del proprio lavoro. 

Devo dire che a volte ho impressioni simili e personalmente credo che spesso le opinioni degli altri spesso ci dicano molto di più su di loro che non sul nostro lavoro.

Tutte le volte che si crea qualcosa e lo si rende disponibile alla valutazione altrui, ci si trova trova davanti a qualcuno che lo apprezza sinceramente, a qualcun’altro che lo critica negativamente, qualche volta addirittura a qualcuno che per il contenuto del nostro lavoro ci disprezza. 
E’ questa la natura della creazione artistica : c’è sempre un critico ma c’è anche sempre un entusiasta.

Non ricordo chi ha detto questa frase ma la adoro : “You just can’t please all the people all the time… even if  you please some people exceedingly well some of the time”.

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