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Posts Tagged ‘istinto’

Fare una foto è divenuto per molte persone un riflesso condizionato, quasi una sorta di dovere. Non ci si pone il problema dell’opportunità o del rispetto per l’altrui volontà di essere immortalati e si procede senza esitazione, senza chiedere.
E così, guardando questo video, ho pensato che proprio dal regno animale a volte ci arrivano lezioni (nel vero senso della parola) di cui non dovremmo aver bisogno.

Un tempo ormai lontano la foto era un rito: ci si preparava ed avvicinava reciprocamente, qualcuno si metteva in posa mentre alcune persone, forse intere culture, addirittura credevano che nel farsi fotografare si subisse un furto dell’anima. Questioni ormai perse in un passato remoto come alcune forme di rispetto.
Pensaci la prossima volta che imbracci la tua reflex o anche solo il tuo smartphone per fotografare qualcuno, magari con l’idea di condividerlo istantaneamente con l’intero universo senza prima aver chiesto il permesso.
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Skater by Pega

Skater – © Copyright 2010 Pega

La fotografia non è fatta solo di immagini. Non mi riferisco all’impegno o al tempo che richiede, nemmeno alle emozioni e sensazioni che uno scatto sa regalare. La vera essenza della fotografia è ciò che la rende un mezzo straordinario: il potere di avvicinare e connettere le persone.
Inizia quando si impara, spesso c’è la figura di un mentore, un maestro, o anche solo un conoscente che dà i primi consigli e con cui si sviluppa un rapporto che non si dimentica.
Poi c’è il soggetto. La fotografia vera, quella con la F maiuscola, ti spinge ad avvicinarlo e conoscerlo, perché è proprio entrando in sintonia ed “accordandosi” con esso che vengono fuori gli scatti più belli. Quelli indimenticabili.
Infine c’è l’osservatore. Il rapporto tra il fotografo e l’osservatore è affascinante, con il secondo che tende a proiettare se stesso e le sue emozioni su ciò che il primo ha realizzato, generando quello che è il vero risultato dell’estro artistico: l’effetto sulla terza persona, quella che guarda l’immagine.
Sono solo tre dei tanti esempi di come la fotografia mette in connessione le persone. E’ un canale di comunicazione che si appoggia sull’istinto visuale di cui tutti siamo dotati e che si trasforma e muta continuamente, regalando continui stimoli.

Altri casi di questo effetto di connessione sono anche le conoscenze e le amicizie che si sviluppano tra appassionati che frequentano un fotoclub o magari un gruppo su un social network. O anche quelle tra un qualsiasi blogger ed i suoi lettori.
E tu hai qualche altro esempio?
🙂

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Magritte

Falso specchio (olio su tela) – Renè Magritte 1928

C’è un tipo di fotografia dove la fotocamera non serve.
E’ qualcosa che alcuni praticano in modo innato, a volte inconscio, mentre altri imparano proprio come disse Dorothea Lange affermando che “La macchina fotografica è uno strumento che insegna a vedere senza una macchina fotografica”.
Sto parlando della foto mentale, quella scattata senza alcuna fotocamera, quella in cui tu sei comunque il fotografo e decidi  inquadratura, esposizione, fuoco e tutto il resto, ma l’immagine resta nella tua testa. Privata. Intima.
Per scattarla hai a disposizione un’attrezzatura dal valore inestimabile e dalle prestazioni infinitamente superiori a qualunque macchina fotografica in vendita. Ce l’hai sempre a disposizione, anche nelle situazioni più difficili o impreviste: sono i tuoi occhi e la tua mente.
Tutti più o meno abbiamo un archivio di foto mentali nella nostra memoria. Sono le immagini che emergono dal nostro passato, che raccontano momenti che ci hanno colpito ed è come se il nostro cervello avesse in automatico scattato delle istantanee per preservare il ricordo di quei momenti. È un meccanismo innato che in qualche modo rende l’invenzione della fotografia una vera e propria protesi emozionale dell’essere umano.

Ma è anche possibile realizzare le foto mentali in modo cosciente.
Puoi cercarle e scattarle nei momenti più belli ma anche più impensati, puoi farlo senza alterare o interrompere la magia di un istante, senza interferire o disturbare.
Fatta la foto impegnati per “svilupparla” e processarla al meglio, cercando di fissarla bene nella tua memoria ed ogni tanto torna a rivederla, questo ne manterrà la qualità.

Con le persone giuste puoi provare anche a condividerle queste foto mentali, descrivendole a parole ed aiutando chi ti ascolta a ricostruire l’immagine proprio come ce l’hai in mente tu.
Può essere molto bello.

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Se l’argomento ti interessa, ti invito a leggere anche il post sulla stampa della foto mentale.

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Twittering and noise

Cinguettio e rumore - © Copyright 2010 Pega

Dammi retta: la prossima volta che vedi qualcosa che cattura il tuo occhio fotografico, non esitare.
Che tu stia passeggiando, guidando la macchina o una bici, fermati e fai quella fotografia. Subito.
Si perchè alcune delle cose che ci capita di notare e che ci fanno pensare ad una opportunità fotografica sono una combinazione complessa di elementi che potrebbero non riproporsi mai più.
La luce, emozioni o tensione, persone o oggetti, una situazione particolare…  non è detto che questo insieme di fattori si combini nuovamente in futuro o che tu possa essere lì per fare quella foto.
Specie se hai con te l’attrezzatura ed hai fatto anche la fatica di prenderla e portartela dietro, non lasciare mai che la pigrizia ti impedisca di fare quella foto. Monta la lente giusta, cerca l’inquadratura e scatta.

Segui il tuo istinto creativo, coltivalo lasciandogli realizzare le immagini che intuisce.
Un minuto di ritardo ad un appuntamento o sul rientro a casa sarà un piccolo prezzo che un giorno potrebbe essere ampiamente ripagato.

🙂

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Panem et calciantes

Panem et calciantesi - © Copyright 2010 Pega

L’assignment per questo fine settimana è sottilmente legato al precedente.
Mentre nel #30 ti invitavo ad uscire a fotografare con uno scopo di estrema sintesi (tornare a casa con una sola immagine), oggi voglio provare a stimolare la tua creatività in modo ancora diverso.

Per la missione fotografica di questo weekend scegliti un soggetto e con questo e solo questo produci almeno dieci scatti significativi ed il più possibile interessanti.
Fai come se si trattasse di doverti concentrare a documentare, valorizzare e descrivere ad altri ciò che hai scelto per essere il centro delle tue attenzioni fotografiche per questo assignment. Fai finta di dover preparare del materiale per un reportage o una tua esposizione artistica tutta dedicata solo a questo soggetto.

In genere non lo faccio, ma stavolta voglio provare a darti un consiglio: scegli un soggetto banale, non andare necessariamente a cercare qualcosa che sia intrinsecamete interessante. In questo modo l’assignment sarà più stimolante e probabilmente anche più divertente.
Dai provaci, i risultati potrebbero meravigliarti.  

Naturalmente puoi svolgere questo esercizio dedicandoci del tempo tutto insieme o anche scegliendo di ritrarre il tuo soggetto in momenti diversi, a te la scelta.

Insomma, in questo weekend prova a svolgere assignment e poi, se vuoi, mostraci il tuo lavoro postando un commento con il link per vedere cosa è venuto fuori.
Condividere con tutti i lettori del blog è divertente ed interessante e può portare a vedere le tue foto visitatori che le apprezzeranno.

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Clicca qui per visualizzare l’elenco di tutti i Weekend Assignment precedentemente proposti.

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Sharkoman

Sharkoman

Eravamo a bocca aperta, come bambini, tutti incantati ad ascoltare ed osservare Fulvio che ci stava parlando di pareidolia durante lo scorso Sharing Workshop.

Che cos’è la pareidolia? Beh, pazienta solo un paio di righe perchè preferisco lasciare a lui l’onore della descrizione di questa forma espressiva basata sulla creatività e sull’istinto.

Fulvio (aka Sharkoman) è un artista.
In lui passione e talento si uniscono agli studi di arti visuali ed esperienze che vanno dal disegno alla regia. Un creativo vero che ammiro ed al quale ho pensato di chiedere di contribuire a questo blog con un’intervista.

Ciao Fulvio. Nel recente Sharing Workshop ci hai incantati con la tua presentazione sulla Pareidolia. Ci dai una tua definzione personale di questa forma espressiva?
Volentieri. E’ la ricerca di forme umane, animali o altro in cose e materiali disposti dal caso (la pareidolia, appunto) è un gioco che, oltre ad affinare l’occhio in generale, permette di accrescere il livello personale di fantasia visiva “donando” all’immagine trovata un senso che nasce esclusivamente nella testa dell’osservatore. L’uomo è evidentemente portato a umanizzare tutto, a dare un senso compiuto alle cose intorno a lui…la pareidolia pare quasi il lato fantastico della scienza, e non a caso molte foto di presunti fantasmi e alieni su marte fanno capo a questo argomento.

Colpo di testa

Colpo di testa – © Copyright 2010 Fulvio Petri

Com’è che hai iniziato a catturare in fotografia queste immagini?
Sono sempre stato un patito della composizione, anche nelle foto ricordo con gli amici mi son sempre divertito a cercare un punto di vista particolare, rimediato al momento e magari nel caos totale di una festa. Passando dalle persone agli oggetti, la pareidolia (che io nella mia raccolta su flickr ho ribattezzato “accostamenti espressivi”) è venuta da sé…
amo molto l’astrazione e l’emozione mediata da un qualcosa di apparentemente estraneo. Amo l’ironia e tutto quello che spinge a riflettere sull’ambiguità e la precarietà del vivere, dei sentimenti, del mondo intero. Il cercare inquadrature che creino un qualcosa di sensato dà una strana soddisfazione, nasce appunto per gioco, ma poi diventa l’inizio di un microcosmo del tutto personale, dove l’ambiente stesso ti parla, sorride o piange. Mi son ritrovato a fare foto di facce o scenette pareidoliche quasi senza accorgermene, non appena ho approfondito l’argomento fotografia. Le prime erano facce semplici, poi si sviluppa un curioso “affinamento” delle catture trovate, potenzialmente senza fine: da un unico piano visivo (macchie su muro, oggetti casalinghi, nuvole, ecc), a formazioni su piani diversi (elementi eterogenei posti in prospettiva); dalle faccette di cui prima, alle scene più articolate e complesse (figure antropomorfe, animali, scenette), in tutte le gamme possibili di stilizzazione.

ZebraMan

Zebraman – © Copyright 2010 Fulvio Petri

E per la fotografia? Raccontaci un po’ come hai iniziato e quali esperienze pensi ti abbiamo aiutato.
Come “praticante” ho una storia abbastanza recente: è con l’avvento delle possibilità digitali che ho iniziato a studiare un po’ meglio l’arte fotografica, vuoi per i minori costi, vuoi per la facilità con cui si scatta e si può subito controllare se si è fatto bene o meno…prima scattavo e via con semplici macchinette, senza capire granchè di fuoco, esposizione, apertura diaframma, ecc.
Solo nella composizione son sempre stato cosciente ed esigente (come accennavo prima)…penso che in tal senso abbia influito il fatto di aver sempre disegnato vignette, fumetti e illustrazioni; anche il cinema ha fatto la sua parte, mi ha sempre affascinato l’arte della regia e il narrare per immagini. Hitchcock è il regista che amo di più, con il suo amore per i dettagli visivi che raccontano le emozioni soprattutto quando gli attori sono fuori campo.
L’oggetto evocatore, che il contesto narrativo rende veicolo di significati e feticcio: una sedia vuota, una chiave, una tazza di caffè, un orologio, il getto di una doccia, e via discorrendo.
Diciamo allora che in tante mie foto gli oggetti sostituiscono direttamente gli umani anche nel volto, come in un sillogismo di pudore e simbolismo…

Dicci qualcosa sul tuo processo di selezione e postproduzione delle immagini.
Anzitutto, la cattura. Deve essere chiara, diretta, frontale e ben leggibile. Il formato è deciso dal soggetto; dato che gli elementi formanti la scena o la faccia devono essere essenziali, è bene eliminare il più possibile l’intorno che non serve e tagliare la foto nel modo giusto. Non uso cancellare elementi, lascio tutto il più naturale possibile, vario solo i chiaroscuri dove serve e qualche volta ho tolto il colore se necessario. Mi piace che la cattura, oltre che interessante nel suo contenuto, abbia anche un minimo di estetica…ad esempio, tratto ed inquadro le mie facce artificiali come fossero dei veri ritratti.
Ah, una cosa importante: le immagini di cui mi interesso (parlo della cattura iniziale) devono essere formate dal caso e non “costruite” dall’intervento umano, tantomeno il mio. Devono solo essere “scovate” dall’occhio. Su questo sono rigoroso, spostando oggetti e rametti non avrebbe più senso.

L'omino felice dalle sabbie mobili - © Copyright 2010 Fulvio Petri

L’omino felice dalle sabbie mobili – © Copyright 2010 Fulvio Petri

Hai qualche aneddoto da raccontare su cose che ti sono successe mentre eri in azione alla ricerca di qualche scatto interessante?
Beh….tante persone che mi guardano come fossi matto mentre mi sorprendono tutto concentrato ad inquadrare fazzoletti di carta sporchi sull’asfalto o macchie su muro…ho avuto anche un bel po’ di rimproveri; molta (troppa) gente pensa che si debba fotografare solo i monumenti famosi o le spose ai matrimoni, e se scatti in zone brulle per loro sei un ladro o una spia, non possono credere che tu stia a cercare rottami, pozze, foglie marce, ecc.
in qualche caso ho pensato avessero anche qualcosa da nascondere…che so, un cadavere nel campo di fronte alla loro casa!

Qual è la reazione delle persone quando mostri le tue foto?
Migliore di quella della gente che mi vede scattare, per mia fortuna 😀
vedo i loro occhi che cercano le forme stupirsi come quelli dei bambini non appena le trovano…qualcuno nota anche particolari che magari non ho visto io, preso com’ero dall’imprinting originario…talvolta devo guidare io alla visione che ho fotografato, talvolta loro guidano me verso una visione totalmente diversa…c’è comunque sempre la ricerca di un qualcosa di pseudofigurativo nell’immagine. L’astrattismo puro mi ha sempre interessato poco.

Abissi

Abissi – © Copyright 2010 Fulvio Petri

Hai mai esposto i tuoi lavori? Hai qualche altro progetto in mente?
Ho fatto una mostra piccola ma molto ben allestita al “cuco” un bar-ristorante in centro a firenze, gestito da amici.
E poi 11 delle mie facce sono state scelte per un libro sulle facce (rigorosamente solo facce) pareidoliche che verrà stampato a breve; ci saranno un migliaio di “volti” da decine e decine di artisti flickeriani. Il ricavato credo andrà in beneficenza.
Infine, mi piacerebbe tanto fare un bel libro con le mie foto, dovrei decidermi ad usare un programma di questi online che ti permettono di farlo, ma ho un po’ di timore per la qualità delle stampe…accetto consigli!

Un domanda classica che faccio sempre: cosa significa per te la tua fotografia?
La fotografia è per me una cosa importantissima, da sempre. Mi emoziona la possibilità di fermare nel tempo un volto, un sorriso, uno sguardo di chi ti è amico, di chi vive o ha vissuto prima di te; una traccia indelebile che testimonia nel tempo, un ricordo, una cosa che acquista sempre più valore emotivo con il tempo. E la visione di una persona che ha scelto un pezzo di realtà per esprimere qualcosa di suo.
Anche le costruzioni pareidoliche sono frammenti di spazio fermati con “paranoia critica” (cito salvador dalì , un maestro nel dipingere illusioni ottiche all’interno dei suoi quadri – ossia il processo inverso e speculare a noi che le fotografiamo)nel tempo.
Molte delle visioni che ho fotografato non esistono più: quelle formate dalla pioggia, quelle di muri oggi in restauro, quelle date dalle piante o dai rifiuti…ma la foto le ha “fermate” in un’interpretazione particolare e talvolta suggestiva.

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Grazie a Fulvio per la grande disponibilità e l’entusiasmo dimostrati.
Voglio davvero consigliarti di approfondire la conoscenza di questo artista, per esempio gustandoti il suo fantastico album su Flickr, dove lo puoi trovare con il nick “Sharkoman“.

Alla prossima !

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A nice smile - Copyright 2009 Pega

A nice smile - Copyright 2009 Pega

Sì, lo confesso. Amo i titoli.
A volte mi catturano più delle immagini, a volte riescono a stravolgere l’idea e l’impressione che ricavo da una foto, e quasi sempre in meglio.
Sì lo so che non è poi così bene farsi influenzare dal titolo ma che ci vuoi fare, per me è così ed è una reazione istintiva, difficile da controllare e non sono d’accordo con chi sostiene che il titolo non andrebbe nemmeno preso in considerazione perché fa deviare dal senso profondo del gustare un’immagine.

Amo il titolo perché mi aiuta ad entrare in sintonia con il fotografo che ha scattato la foto , con il pittore che ha creato il quadro o il musicista che ha composto il pezzo. E poi del resto cosa sarebbe, ad esempio, la musica senza i titoli? Ma per me vale moltissimo anche per le arti figurative.
Il titolo è per me una parte essenziale dell’opera e rimango ogni volta deluso quando mi capita di vedere dei veri e propri capolavori fotografici intitolati “untitled” o peggio “DSC1123″……. Che peccato…

🙂

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Snow Koala with Sunset Flower

Snow Koala with Sunset Flower

C’è una frase di  Henry David Thoureau che dice : “The question is not what you look at, but what you see” (Trad: Il punto non è cosa guardi, ma cosa vedi).
Sto pensando di stamparla su un piccolo adesivo ed appiccicarla proprio sotto al display della mia macchina fotografica.

Credo che proprio in questo concetto sia molto della fotografia, della capacità di realizzarla ed anche apprezzarla.

Vedere è il risultato di un processo dove il guardare è solo l’input. A questo flusso in ingresso si applica tutta l’elaborazione razionale ed emotiva di cui siamo individualmente capaci.

A volte ci si meraviglia di cosa può succedere… 🙂

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