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Archive for the ‘People’ Category

amore per un alberoIl mare, nella sua eterna mutevolezza, ma anche con la sua presenza nelle vite delle persone oppure nella sua essenza di elemento naturale, ecco ciò che ti propongo come tema per questo fine settimana.
L’idea del weekend assignment nasce per provare a focalizzare la nostra attenzione su un tema predefinito a cui dedicare qualche scatto e fotografare con in mente una missione ben precisa.
Del resto quale stagione migliore per questo meraviglioso soggetto?
Libertà totale su come interpretare il tema. La mia foto sopra, ad esempio, è un tentativo di possibile declinazione dell’assignment, in quanto il mare nemmeno si vede bene, ma la sua presenza è comunque un elemento cardine.
Come sempre ti invito ad inserire in un commento il link al tuo scatto.
Buon fine settimana!
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Clicca qui per visualizzare l’elenco di tutti i Weekend Assignment precedentemente proposti.

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Polaroid candeggina

© Copyright 2013, Pega+M|art

Ogni tanto torno a rivedere questa immagine, mi sembra la copertina dell’album di un gruppo musicale un po’ underground: toni vintage, la cantante in primo piano ed il resto della band a completare il gruppo. Ed invece è la versione “chimicamente manipolata” di una foto che feci con la mia zietta Polaroid a strappo in occasione di un’uscita “film gang” a Firenze, insieme ad amici appassionati di fotografia analogica.
Dopo lo scatto, estrassi la busta dalla macchina e, dopo aver atteso i classici due minuti necessari a questo tipo di pellicola per lo sviluppo istantaneo, separai la stampa finale dal resto dell’incartamento. Invece di buttare questo’ultimo elemento tipico delle pellicole a strappo che di solito è considerato di scarto, lo consegnai al mitico Martino insieme ad alcune indicazioni su come divertirsi a manipolarlo. Sì, perché la parte restante della busta Fuji FP-100 è solo apparentemente da buttare e ci si può divertire a trattarla con candeggina per estrarne il negativo.
Martino si dette da fare e, con maestria, “lavorò” con varechina e pennello su alcuni miei negativi prodotti nella serata, pubblicandoli poi sul suo album Flickr nel set Eau de Javel, dove puoi trovarli. Tra questi anche uno scatto simile a quello sopra ma con i “membri della band” del tutto mossi.
Grande Martino.

Per chi fosse interessato ad approfondire il processo di “liberazione” del negativo, rimando ad un mio vecchio post sull’argomento, in cui c’è anche un link ad un video tutorial.

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Nikon recordPer il suo centenario Nikon ha pensato di fare le cose in grande, talmente in grande che ha conquistato il primato Guinness per la più grande fotocamera umana mai realizzata.
Lo scorso 17 giugno quasi duemila persone, tra comparse e staff, si sono date appuntamento a Stupinigi, in provincia di Torino, per comporre l’immagine di una enorme fotocamera umana e, dotati di magliette e cappellini opportunamente distribuiti, si sono piazzati in perfetto ordine per essere immortalati da un drone.
Puoi vedere qui sotto un paio di scatti delle fasi della preparazione, ma ne puoi trovare anche molti altri in questa galleria.
Lo dico sempre che la Fotografia è una scusa…

Nikon_preparazione.Nikon_set

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no cameraSembrano annunciarsi tempi cupi per chi ama fotografare in luoghi pubblici, specialmente negli USA. In alcune città di questo paese è infatti in atto una sorta di guerra contro i fotografi che, proprio nell’era in cui tutti ormai hanno in tasca una macchina fotografica, prevede adesso la richiesta di permessi o il pagamento di licenze per realizzare immagini di livello professionale anche se non-commerciali.
Sì, ed è proprio questa la discriminante: l’uso di attrezzatura “professionale”.
Già da anni in molti luoghi pubblici statunitensi era necessario dotarsi di permesso per piazzare un treppiede (noto elemento “professionalizzante”) ma da qualche tempo ci si è spinti oltre. A Laguna Beach, ad esempio, è necessario acquistare una licenza non solo se si vogliono realizzare in città scatti a scopo commerciale, ma anche solo semplici fotografie di livello “professionale”. La qualità, insomma, diviene un elemento di lusso e puoi trovare tutti i dettagli, oltre alle (impressionanti) tariffe, qui sul sito ufficiale della nota località.
Cento dollari per due ore di permesso fotografico non sono una bazzecola. A meno di dar fondo al portafogli addio quindi agli shooting con le amiche modelle ma anche ai cosplay, alla street photography, alle foto di eventi o feste pubbliche, insomma a qualsiasi cosa si voglia immortalare “seriamente” in città con qualcosa di un po’ superiore ad un telefonino. E tutto questo non è uno scherzo ma una vera tragedia per chiunque in questi luoghi degli USA sia abbastanza appassionato da dotarsi di una reflex ed un buon obiettivo, non parliamo poi di treppiedi o luci che potrebbero subito far destare sospetti di “fotografia commerciale”, attività di alto bordo che richiede versamenti ancora superiori, con tasse a partire da circa 500$.
Insomma se sei abbastanza ricco per un po’ di attrezzatura, allora paga il balzello.
Una tendenza davvero allarmante che forse non tarderà ad affacciarsi anche dalle nostre parti e che dovrebbe dare da pensare…
😐

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“Le grandi menti parlano di idee, le menti mediocri parlano di fatti, le menti piccole parlano di persone“. Con questa sua affermazione Eleanor Roosevelt descriveva le sensazioni che provava in occasione di eventi ed incontri, anche ad altissimo livello, in cui il chiacchiericcio o peggio il pettegolezzo erano dominanti, ma dove talvolta spiccavano anche personalità capaci di far sentire uno spessore del tutto diverso.
E’ una frase che potrebbe essere utile far campeggiare a caratteri cubitali in molti luoghi e che si può ben declinare in ambito artistico, in particolare nelle arti visive e quindi anche in Fotografia.
Monna LisaParlare di persone, delle loro vite, storie o aneddoti, è sì intrigante e spesso catalizza un immediato interesse, ma è una fascinazione povera e spesso fugace, che non lascia alcun segno. Il vero salto di qualità si ha quando il racconto ha un respiro più ampio, assoluto: quando dalle persone ci si sposta verso i fatti e poi verso le idee.
Pensaci un attimo, prendiamo ad esempio la Gioconda di Leonardo da Vinci: quest’opera non è così importante ed ammirata da secoli solo perché è lo splendido ritratto di una certa signora Lisa “tal dei tali”. Il vero valore del capolavoro leonardesco è la sua essenza: quella dell’idea stessa di donna.
L’arte diviene davvero grande quando riesce a distaccarsi dalle piccole cose, pur continuando a descriverle, ed arrivare a parlare di idee, proprio come le “grandi menti” di cui parlava Eleanor Roosevelt nella sua frase.
Tutto ciò vale senza dubbio anche in Fotografia e tenerlo a mente potrebbe portare i nostri scatti ad un livello completamente diverso.
(E, forse, non solo i nostri scatti… 🙂 )

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Helmut Newton 1Helmut Newton è il fotografo che negli anni settanta portò il nudo nell’estetica fashion, proponendo immagini talmente nuove e provocatorie da trasformare per sempre il concetto stesso di fotografia di moda.
Leggendarie sono le sue pubblicazioni White Women (1976), Sleepless Nights (1979) ma più di tutti lo spettacolare Big Nudes (1981) fatto in gran parte di foto realizzate in esbterni, spesso in strada, con modelle in atteggiamenti sensuali o inquietanti, dove il rapporto con le immagini fashion divenne solo una scusa per portare avanti un progetto puramente artistico.
Helmut Newton 2Con questi lavori Newton si conquistò un posto da protagonista nella fotografia del secondo Novecento, dimostrando la capacità di sondare una dimensione che andava oltre la pura estetica, un terreno non convenzionale fatto di ambiguità ed erotismo ma anche violenza e morte. In sostanza una visione cruda della realtà dove all’osservatore tocca un ruolo di interpretazione molto importante.
Alcune immagini di Newton hanno trovato un posto di tutto rispetto nella storia di questa disciplina e sono particolarmente famose, come il ritratto di Andy Warhol nella stessa posa di una statua della Madonna fotografata in una chiesa toscana, oppure la foto di Nastassia Kinsky che abbraccia una bambola dalle sembianze di Marlene Dietrich.

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Common toad (Bufo bufo). Bristol. March

Common toad (Bufo bufo), Bristol. March – © Copyright Sam Hobson

Ho sempre avuto un debole per i fotografi naturalisti, per quell’idea romantica, un po’ da National Geographic anni ’70, dell’avventuriero che si addentra con il suo zaino fotografico in ambienti selvaggi.
Eppure, per trovare flora e fauna degni di scatti bellissimi non è sempre necessario spingersi in continenti lontani. Quando ho visitato il sito di Sam Hobson ne ho avuta conferma.
Sam è un fotografo inglese specializzato in immagini naturalistiche urbane, una vera e propria disciplina che chiunque può praticare senza muoversi dalla propria città. Nei suoi scatti appaiono falchi e gabbiani ma anche volpi, rane e piccioni, tutti immortalati a regola d’arte, proprio come nei documentari da luoghi esotici delle più note riviste.
E’ un tipo di fotografia che richiede pazienza e dedizione; Sam frequenta i suoi “spot” divenendone parte, gli animali pian piano si abituano a lui e non lo considerano più un potenziale pericolo. E’ così che riesce a scattare foto fantastiche a volpi ed uccelli rapaci, animali a volte difficili da avvicinare ma che, grazie a questo approccio, imparano a riconoscerlo e non temerlo. Proprio come succede con i fotografi naturalisti nel Serengeti…
Puoi trovare i suoi notevoli scatti su www.samhobson.co.uk
Adesso scusa ma devo andare, ho visto passare una tigre giù nel vialetto e non voglio perdermela… Chissà se torno 😀
 

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Space selfie by goproEccolo un altro selfie spaziale. È stato scattato giusto un paio di giorni fa con una GoPro portata a spasso dall’astronauta NASA ISS Thomas Pesquet che, insieme alla collega Shane Kimbroug, ha effettuato una missione extraveicolare non programmata ma necessaria a sostituire un componente critico che si era guastato.
Qui sotto puoi goderti un estratto video della missione: sono otto minuti di bricolage orbitale, dettagli delle parti esterne della Stazione Spaziale Internazionale e viste spettacolari del nostro pianeta.
Non c’è sonoro, dato che nello spazio la GoPro non è stata in grado di registrare alcunché, ma se vuoi un sottofondo adeguato ti consiglio l’audio delle comunicazioni radio, disponibile su SoundCloud 🙂
Buona visione!
.

[Fonte: NASA]

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Dennis HopperApocalypse Now, capolavoro che Francis Ford Coppola realizzò nel 1979, non è solo un film sulla guerra in Vietnam. Liberamente ispirato al romanzo di Conrad “Cuore di Tenebra” è un’opera complessa ed oscura, la cui folle realizzazione portò attori e troupe vicini ad un drammatico punto di non ritorno. Coppola disse che non era solo un film sul Vietnam, era “il Vietnam stesso”.
Nella storia ad un certo punto appare la figura di un fotoreporter, impersonato dal mitico attore americano Dennis Hopper. È la rappresentazione di un personaggio folle e romantico, che gira con un’infinità di macchine fotografiche, usandole continuamente mentre pare del tutto affascinato dall’oscura ed inquietante personalità del colonnello Kurtz, interpretato dall'”enorme” (in tutti i sensi) Marlon Brando.
Quella di Hopper è un’interpretazione indimenticabile, un iconico fotoreporter di guerra che non puoi non ricordare bene, se hai visto il film.
E se non lo hai visto… beh, allora che aspetti?!
🙂

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Charles Clyde Ebbets - Lunch atop a Skyscraper, 29 settembre 1932

Charles Clyde Ebbets – Lunch atop a Skyscraper, 1932

Ogni tanto torno ad ammirare questa foto degli operai che si riposano, con le gambe penzoloni, sospesi a 260 metri d’altezza durante la costruzione dell’Empire State Building. È uno scatto famoso, attribuito per lungo tempo ad un fotografo che divenne importante anche a seguito dei suoi reportage sulla costruzione dei grattacieli e delle pericolose condizioni di lavoro: Lewis Hine.
Ma nel 2003 l’archivio Bettmann/Corbis, proprietario dei diritti di questa immagine, dopo un’approfondita indagine, riconobbe che l’autore della foto era in realtà un fotografo meno noto: un certo Charles Clyde Ebbets.
“Lunch atop a Skyscraper (New York construction workers lunching on a crossbeam)” fu realizzata il 29 settembre del 1932 da Ebbets durante la costruzione del GE Building nel Rockefeller Center e non dell’Empire State Building come precedentemente si pensava. L’immagine era stata pubblicata dal New York Herald Tribune il 2 ottobre 1932.

Ebbets

C. Ebbets – GE Building, Rockefeller Center, 1932

Confidando in ulteriori pubblicazioni ed incarichi, il fotografo Charles Ebbets decise di insistere su questo filone e continuò ad immortalare gli operai dei grattacieli di New York. Cercando di stupire sempre di più, creò una serie di immagini chiaramente costruite, ed arrivò ad esprimersi in una vera e propria fiction fotografica fatta di scene paradossali, in cui appaiono camerieri in livrea che servono un pranzo apparecchiato sulla trave sospesa e giocatori di golf in bilico sull’acciaio dell’altissimo edificio in costruzione. Insomma… andò un pochino oltre e finì per esagerare, perdendo quel senso di verità descrittiva di un momento storico, così ben raccontata dal suo scatto più famoso.

Golf - Ebbets

C.Ebbets – GE Building, Rockefeller Center, 1932

Ma mentre Ebbets cercava di raggranellare lo stipendio seguendo questa idea, a distanza di pochi isolati Lewis Hine, il fotografo sociologo, realizzava i suoi reportage sulle condizioni in cui si svolgeva il lavoro. Scatti che, dopo la sua morte in povertà, lo avrebbero reso celebre. Erano fotografie in cui descriveva e denunciava lo sfruttamento dei lavoratori, anche minori. Immagini che spesso mostravano indiani Mohawk, sfruttati settanta ore alla settimana per il loro equilibrio straordinario che li rendeva capaci di lavorare a duecento metri dal suolo senza problemi di vertigini.
Fu anche grazie all’importante lavoro di Hine, svolto anche in molti ambienti industriali, che negli Stati Uniti si avviò un processo di riforma sociale che avviò la regolamentazione degli orari e della sicurezza sul lavoro oltre ad abolire lo sfruttamento minorile.

Lewis Wickes Hine - Empire State Building, 1930

Lewis Wickes Hine – Empire State Building, 1930

Emblematico è questo scatto di Hine, sempre realizzato nell’ambito del suo progetto dedicato al lavoro sui grattacieli. Siamo intorno al centesimo piano, si vedono tre giovani operai, uno lavora sbilanciato all’indietro, senza alcuna protezione. È in piedi su una piccola asse di legno che è tenuta in posizione solo dal peso dell’operaio stesso. Una situazione semplicemente pazzesca vista con i criteri di oggi.
Sconcertante è anche apprendere dei ritmi “vertiginosi” con cui si procedeva: un piano al giorno.
.
Ed ora pensaci un attimo. Immagina il fotografo, appollaiato con la sua goffa attrezzatura di ottanta anni fa, sulla sommità dell’Empire State Building in costruzione. Tu ce l’avresti fatta ad andare lassù, come Hine, a fare quelle foto? Io non penso…
🙂

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