Ti è mai capitato che le tue foto non ti soddisfino guardandole dopo esser tornato a casa? Che una serie di scatti che pensavi riusciti, si sia rivelata una delusione, magari per qualche stupida ragione tecnica? È stata un’esperienza negativa?
Beh, la prossima volta che scopri che le tue foto non sono venute bene perché qualcosa é andato storto, pensa a Robert Capa.
Il 6 giugno del 1944, giorno dello sbarco degli Alleati in Normandia, il fotografo era fra i soldati che arrancavano tra le pallottole dei tedeschi. Capa sbarcò con le truppe e sfidò seriamente la morte per arrivare sulla spiaggia. Era già stato in zone di guerra, con Gerda Taro aveva vissuto la prima linea della guerra civile spagnola dove aveva scattato la controversa foto del miliziano colpito a morte, ma in Normandia era diverso, molto diverso. Una carneficina oltre ogni immaginazione.
Riuscì ad arrivare all’asciutto e dietro un piccolo riparo iniziò a fotografare. Scattò tre rullini nell’infuriare della battaglia: 106 immagini. Poi strisciò indietro tra i cadaveri e riuscì a risalire su un mezzo da sbarco che tornava verso la nave.
Cosa successe dopo? Il tecnico della camera oscura, forse troppo ansioso di vedere le immagini dello sbarco, sbagliò il bagno di sviluppo e distrusse gran parte di quel prezioso lavoro. Solo 10 immagini sopravvissero, e nemmeno queste possono essere considerate buone, vista la mediocre qualità addebitata allo stesso errore. C’è anche chi sostiene che il tecnico fosse innocente ed il problema causato in realtà da acqua di mare entrata nella fotocamera.
Comunque sia andata, Capa resta una figura unica e per molti aspetti controversa nella storia della fotografia. Definì quelle immagini come “leggermente fuori fuoco” (slightly out of focus) e queste parole divennero il titolo di uno dei suoi più importanti libri fotografici, il documento del suo lavoro durante tutto l’arco della seconda guerra mondiale.
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Robert Capa e gli scatti del D-Day
Posted in Black and White, Culture, History of photography, Technique, tagged camera oscura, Capa, coraggio, errore, guerra, reporter, storia on 14/10/2013| 11 Comments »
Cortocircuito fotografico #8: Gerda Taro
Posted in Black and White, Candid portraits, Culture, History of photography, People, video, tagged amore, antifascismo, antisemitismo, Capa, fotografia, Gerda Taro, Germania, guerra, guerra civile, impegno, Life, nazismo, novecento, Robert Capa, spagna, Spanish Civil War, Taro on 10/07/2013| 1 Comment »
Gerda Taro ritratta da Robert Capa è il cortocircuito fotografico che ti propongo oggi; una fotografa a lungo dimenticata che, nonostante sia considerata la prima fotogiornalista donna a seguire un fronte di guerra, per oltre cinquant’anni è rimasta oscurata dalla fama del suo compagno: quel Robert Capa protagonista del precedente cortocircuito.
L’impegno sociale e politico di Gerda è breve ed intenso come la sua vita, oltre che emblematico di ciò che è stata la storia europea degli anni trenta.
Ebrea polacca cresciuta nella Germania pre-hitleriana ed esule in Francia, dimostra fin da giovanissima carattere e visione non comuni per il suo tempo, studia fotografia e vive interessi e relazioni sentimentali molteplici. Il suo spirito contrario ad antisemitismo e nazifascismo, si realizza nel 1937 con la partecipazione alle fasi della resistenza Spagnola, dove fotografa il fronte insieme al suo compagno Robert Capa. È qui che questa donna, così emancipata e da qualcuno definita come “troppo avanti” per la sua epoca, trova però la sua precoce e tragica fine: schiacciata da un carro armato in ritirata.
Capa, sconvolto, pubblica subito un libro di fotografie della guerra civile Spagnola intitolato Death in the Making in cui ci sono scatti suoi e di Gerda, ma in molti degli articoli che appaiono sui giornali è omesso il nome della Taro. È così che inizia per Gerda una fase di oblio, almeno in occidente, dove addirittura alcune sue foto vengono attribuite a Robert Capa. Oltre cortina invece, nella Repubblica Democratica Tedesca, Gerda Taro viene sfruttata dalla propaganda come figura eroica, simbolo della resistenza comunista contro il fascismo.
È solo con la biografia su Robert Capa, scritta negli anni ottanta da Richard Whelan, che il nome di Gerda Taro torna ad avere la sua giusta importanza, anche grazie ad un accurato studio degli archivi del fotografo ungherese.
Gerda è sepolta a Parigi, al Père Lachaise, sotto ad un omaggio scultoreo di Alberto Giacometti.
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I precedenti cortocircuiti fotografici:
#1: Eugene Atget fotografato da Berenice Abbott
#2: Berenice Abbott fotografata da Hank O’Neal
#3: Edward Weston fotografato da Tina Modotti
#4: Tina Modotti fotografata da Edward Weston
#5: Alfred Stieglitz fotografato da Gertrude Käsebier
#6: Steve McCurry fotografato da Tim Mantoani
#7: Robert Capa fotografato da Gerda Taro
Kim reloaded
Posted in Black and White, Culture, History of photography, People, tagged bambina, guerra, kim, napalm, Nick Ut, NOWAR, tragedia, USA, ustioni, Vietnam on 02/07/2013| 2 Comments »

© Copyright 1972 Nick Ut / The Associated Press
È tra le foto più drammatiche che mi è capitato di postare sul blog, la usai qualche anno fa in un post che ne raccontava la storia e da allora è rimasta tra le più cliccate e cercate. Non è raro che qualcuno mi contatti in privato per chiedere informazioni. E così, dopo tanto tempo, ho deciso che è giunto il momento di ripubblicarla, insieme alle considerazioni che la accompagnavano.
Questa terrificante immagine fu scattata da un fotografo dell’Associated Press di nome Nick Ut nel giugno del 1972.
E’ una foto che descrive tragedia ed orrore assoluti.
Siamo in piena guerra del Vietnam, un bombardamento al napalm ha appena colpito il piccolo villaggio di Trang Bang. E’ una strage ed alcuni piccoli superstiti corrono via disperati. Tra questi c’è una bambina di circa nove anni che avanza nuda, il corpo coperto di ustioni.
Nick Ut è sul posto. Fa il suo bravo lavoro di fotografo di guerra e scatta in fretta alcune immagini, poi l’angoscia prende il sopravvento. Prende la bimba e la porta in macchina all’ospedale di Saigon. E’ gravissima ma il ricovero le salva la vita. Per guarire le serviranno quasi due anni di ospedale e diciassette interventi chirurgici.
La bambina si chiama Kim Phùc. Una volta cresciuta e dopo gli studi a Cuba, chiederà asilo politico in Canada dove tuttora vive.
Kim è stata nominata nel 1997 ambasciatrice dell’UNESCO per il suo impegno verso le piccole vittime delle guerre in tutto il mondo, tramite la Kim Phùc Foundation International.
Il fotografo Nick UT con questa fotografia vinse il premio Pulitzer del 1972.
Lavorava per la Associated Press fin dall’età di 16 anni, dopo che suo fratello, anch’egli fotografo di questa agenzia, era stato ucciso in Vietnam.
La fotografia, divenuta poi una testimonianza universale dell’orrore di tutte le guerre, fu inizialmente respinta dall’Associated Press. Nel 1972 il nudo frontale di una bambina non era accettabile sulle immagini destinate a circolare su giornali e TV, ma alla fine l’importanza ed il valore dell’immagine furono chiari a tutti e la foto fu pubblicata.
Non so se conoscevi questa storia.
Nonostante il suo potere descrittivo ed evocativo, questo è un caso in cui la fotografia non è stata in grado di cambiare granchè. Quello che questa immagine racconta continua a succedere.
Tragedie con cui l’umanità ha scelto di voler convivere e che continuano ripetersi, innumerevoli volte, cambiando solo dettagli, luoghi e nomi.
Anche ieri.
E magari anche oggi stesso.
😦
Cortocircuito fotografico #7: Robert Capa
Posted in Black and White, Culture, History of photography, People, Photography portraits, tagged Capa, corto circuito, fotografia, fotoreporter, guerra, reportage, ritratto, Robert, storia on 30/06/2013| 4 Comments »

Un nuovo appuntamento con un fotografo fotografato. È la volta di un altro grande nome, quello di Robert Capa, ritratto nel 1937 durante la guerra civile spagnola dalla sua compagna e collega Gerda Taro.
È uno scatto emblematico, che rappresenta molto bene lo spirito di questo importante personaggio, da molti considerato il primo vero fotoreporter di guerra.
Capa non era un tipo da compromessi: dopo le esperienze sul campo in Spagna (1937) ed in Cina, dove nel 1938 documentò la resistenza contro i giapponesi, visse gli orrori della seconda guerra mondiale partecipando in prima persona allo sbarco in Normandia, lanciandosi col paracadute insieme ad un gruppo di assaltatori per fotografare da vicino la fase di attraversamento del Reno.
Insieme a Cartier-Bresson fondò l’agenzia Magnum ma continuò sempre a seguire da vicino guerre e conflitti rischiando moltissimo a fianco dei soldati, fin quando nel 1954, a quarant’anni, saltò su una mina durante una missione al seguito dei francesi nella prima guerra di Indocina.
Robert Capa è stato un punto di riferimento per intere generazioni di fotoreporter ed il cortocircuito che rappresenta questo suo ritratto realizzato da Gerda Taro è particolarmente significativo e drammatico dato che Gerda morì poco dopo, schiacciata da un carro armato spagnolo in ritirata. Per Robert fu un evento tragico ed improvviso che probabilmente lo segnò per sempre, portandolo a seguire ciò che più odiava: la guerra.
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I precedenti cortocircuiti fotografici:
#1: Eugene Atget fotografato da Berenice Abbott
#2: Berenice Abbott fotografata da Hank O’Neal
#3: Edward Weston fotografato da Tina Modotti
#4: Tina Modotti fotografata da Edward Weston
#5: Alfred Stieglitz fotografato da Gertrude Käsebier
#6: Steve McCurry fotografato da Tim Mantoani
Guerra, armi e fotografia
Posted in Culture, History of photography, tagged armi, fotografia, guerra, parole, storia on 05/06/2012| Leave a Comment »

Nel 2004, durante la battaglia di Falluja, un reporter della NBC filmò un marine nell’atto di sparare ad un uomo ferito.
Il fatto scatenò notevoli polemiche e su The Australian fu pubblicata questa vignetta di Jon Kudelka, che stimola a riflettere sul legame che c’è tra guerra ed immagini, anche dal punto di vista dalle parole.
In Italiano il rapporto tra fotocamere ed armi forse non sembra così forte e pare limitarsi a casuali coincidenze, come nel caso del “mirino”, ma con l’Inglese è tutta un’altra cosa. Per gli anglosassoni il verbo “to shoot”, che viene normalmente utilizzato per indicare lo scatto fotografico, è lo stesso di “sparare”.
Ma i legami tra fotografia e guerra non finiscono qui. Ad informarsi meglio vengono fuori dal passato cose molto curiose.
Nella seconda metà dell’ottocento si può dire che l’evoluzione della tecnica delle attrezzature fotografiche abbia camminato (o forse in questo caso sarebbe più corretto dire “marciato”) di pari passo con quello delle armi.
Fino a circa il 1850 i fucili erano ad avancarica, un sistema lento e complicato, proprio come lo era quello delle lastre umide al collodio che a quel tempo si usavano per “sparare” una fotografia. Di lì a pochi anni due rivoluzioni tecnologiche si affacciarono quasi contemporaneamente: la lastra secca fotografica, che anticipò i più moderni negativi, apparve insieme alla cartuccia con proiettile e polvere da sparo. Soluzioni “preconfezionate” che permettevano enormi risparmi di tempo, efficacia maggiore ed anche minori rischi di insuccesso.
Ma non finisce qui.
George Eastman, fondatore della Kodak, si accorse che proprio usando la nitrocellulosa (cioè il fulmicotone usato per l’innesco delle cartucce con proiettili), si potevano ottenere basi stabili ed adatte ad essere usate come pellicole fotosensibili utilizzabili anche dopo lungo tempo.
Ma si potrebbero poi citare molte altre analogie, una tra tutte quella tra cineprese e mitragliatrici, che apparvero poco tempo dopo.
Insomma fotocamere ed armi non solo condividono stesse parole ma anche soluzioni tecniche e materiali che hanno fatto la storia delle loro tecnologie.
Chissà se con il digitale la fotografia riuscirà a smarcarsi da questo triste legame. Ci sarebbe da sperarlo.
Canon vs Nikon
Posted in Culture, video, tagged Canon, commando, Digital camera, follia, fotografia, fun, guerra, ironia, madness, Nikon, professional, scontro, short, terrorist, video, war on 22/12/2011| 1 Comment »
In questi giorni in cui mi è capitato di leggere che tra Nikon e Canon la lotta non è mai stata così accesa, ecco che questo video non posso proprio fare a meno di proportelo.
Almeno qui i fotografi sono “davvero” dei terroristi!
Che dire… ogni tanto ci vuole anche un po’ di sana follia…
🙂 🙂 🙂
La TED conference di Nachtwey
Posted in Culture, History of photography, People, tagged conferenza, conflitti, fotografia, fotografo, guerra, James Nachtwey, lavoro, monologo, Nachtwey, passion, passione, photographer, speech, talk, TED, TED (conference), war on 31/07/2011| Leave a Comment »
Qualche tempo fa parlavo di fotogiornalismo e di James Nachtwey dopo aver visto un bellissimo documentario a lui dedicato.
Ammiro molto questo fotoreporter di guerra, personaggio un po’ schivo e poco incline al mainstream e cercando di approfondirne la conoscenza mi sono imbattuto in una sua TED talk.
Le TED (Technology Entertainment and Design) sono conferenze organizzate da Sapling, una fondazione privata no-profit che si prefigge di diffondere idee degne di essere messe a conoscenza di pubblico vasto.
Sebbene inizialmente fossero spesso orientate ad argomenti tecnici e tecnologici le TED talk si sono sempre più aperte ad altre questioni importanti, proponendo ospiti di grande spicco, come premi nobel, figure di rilievo nel mondo scientifico e della ricerca o della società e mettendo i loro interventi a disposizione gratuita sul web.
La conferenza di Nachtwey è davvero da vedere ed ascoltare, per la semplicità e la passione che questo fotografo sa trasmettere e per l’importanza di quello che lui più che un lavoro considera una vera e propria missione: dare un personale contributo ad una possibile soluzione dei conflitti che insanguinano il mondo.
Sono venti minuti belli ed intensi, assolutamente da non perdere anche per chi non maneggia bene l’inglese dato che ci sono i sottotitoli in Italiano e volendo anche l’intera trascrizione dell’intervento.
Buona visione.
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War photographer
Posted in Culture, History of photography, People, tagged arte, conflitto, cultura, fotogiornalismo, fotografia, guerra, informazione, James Nachtwey, libertà, missione, mondo, passione, People, pericolo, professione, rischio, società, war on 11/07/2011| 5 Comments »

James Nachtwey non è un nome noto al grande pubblico ma chi si interessa di fotogiornalismo sa che si tratta di uno dei più importanti fotoreporter di guerra tuttora in circolazione, una vera e propria leggenda vivente.
Profondamente colpito dalle immagini che provenivano dal conflitto del Vietnam, Nachtwey iniziò a dedicarsi negli anni settanta alla fotografia di reportage, percorrendo una lunga carriera che lo ha visto nelle zone più difficili: dall’Irlanda infiammata dal terrorismo dell’IRA, alla Palestina, dall’Afghanistan alla Somalia o il Kosovo.
C’è una sua frase che trovo davvero emblematica : “Society problems can’t be solved until they are identified”. Ė proprio questo il nocciolo dello spirito del fotoreporter di guerra, la spinta all’identificazione, attraverso immagini capaci di trasmettere a tutti la gravità di quei conflitti che non possono essere dimenticati ma che anzi urge assolutamente risolvere.
Di recente ho avuto occasione di vedere War Photographer, un documentario girato nel 2001 dal regista Christian Frei proprio su James Nachtwey.
Si tratta di un piccolo capolavoro che Frei realizzò seguendo il fotografo sul campo per quasi due anni, ricevendo diversi premi e nomination nell’ambito di manifestazioni internazionali sul fotogiornalismo.
L’ho trovato particolarmente bello per come presenta, nello scorrere delle immagini, questioni morali e sociali fondamentali, intrecciandole anche con riflessioni artistiche importanti.
Si tratta di elementi profondi che emergono e motivano tutti coloro che dedicano e rischiano la loro vita per fotografare la tragedia della guerra.
War Photographer è in Inglese ma con ottimi sottotitoli in Italiano. Capita di poterlo vedere su qualche canale tematico o su DVD. Te ne consiglio la visione integrale ma intanto posto qui sotto un breve estratto che ho trovato su Youtube.
Punti di vista
Posted in Black and White, Bokeh, Closeups, Culture, tagged bullet, canna, cannone, emozioni, guerra, proiettile, righe, sensazioni on 23/03/2011| 1 Comment »
Uno degli aspetti più affascinanti della fotografia è che ci permette di vedere le cose da un punto di vista diverso.
Non si tratta di solo farcelo immaginare, la forza di uno scatto è che può davvero farti conoscere ed immedesimare in qualcun’altro o addirittura in qualcos’altro.
E’ forse anche per questo motivo che la fotografia ha avuto un certo peso ed una sicura influenza nel corso della storia che l’ha vista sempre protagonista da pochi anni dopo la sua invenzione fino ad oggi.
Una foto può farti apprezzare la bellezza di un luogo o la perfezione di una forma ma la sua vera potenza sta nel farti provare una sensazione e vivere, anche se solo per un attimo, un’esperienza. E questa esperienza può non essere la tua.
La forza dell’immagine è che può mostrare il punto di vista di chi o cosa non conosci e farti cambiare la tua idea.
Un centesimo di secondo
Posted in Culture, video, tagged arte, blog, coraggio, death, denuncia, dolore, dubbio, ethics, etica, fotogiornalismo, guerra, immagine, inchiesta, information, informazione, lavoro, morte, news, notizia, opinione, pega, pericolo, photogiournalism, pietà, post, rimorso, rischio, video, violence, violenza, war, work on 10/12/2010| 8 Comments »
Oggi il post è un video.
Un video che preferisco farti vedere senza anticipare mie opinioni o commenti.
Tratta di un tema difficile e controverso già altre volte affrontato.
Ne possiamo ancora discutere, se vuoi, nei commenti sotto.
Buona visione
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