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Posts Tagged ‘film’

Harvey Keitel

Nel film Smoke, un cult per chi apprezza il cinema indipendente anni novanta, Auggie, il protagonista interpretato da Harvey Keitel, ha una curiosa passione. Ogni mattina alle otto precise, esce dalla sua tabaccheria, piazza la macchina sul treppiede e fa una fotografia. Fotografa ogni giorno sempre lo stesso scorcio di Brooklyn. Auggie fa questa semplice operazione con costanza per anni, estate o inverno, con la pioggia o il sole, conservando e catalogando le foto in album che conserva gelosamente e che, con il tempo, diviene una sorta di opera d’arte.
È un film che insegna quanto valore possano avere la costanza e la perseveranza in fotografia e nell’arte in genere.
Un singolo scatto realizzato sul marciapiede di un incrocio in una grande città può non avere un gran senso, ma un lavoro come quello descritto in Smoke assume un valore. È il valore dell’impegno e della passione che il fotografo può iniettare in quella che a prima vista potrebbe sembrare una sequenza di scatti simili, aggiungendoci l’ingrediente della sua quotidiana presenza fisica ma anche quella seppur piccola, appena palpabile, dose di interazione con l’ambiente e le persone immortalate.
Smoke non è un film sulla fotografia ma comunque lo considero tra quelli da citare in questa serie “cinema e fotografia” e, se ancora non l’hai visto, ti consiglio di vederlo prima o poi.

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MagicubeSe non li ricordi meglio per te, vuol dire che sei ancora abbastanza giovane 🙂
I cubi flash furono introdotti negli anni settanta e rappresentarono una vera innovazione. Prima si dovevano inserire lampadine al magnesio direttamente sui contatti del flash: una lampadina per ogni foto. Erano delicate ed avevano continui problemi elettrici che causavano cilecche e scatti rovinati: una vera noia. Con il cubo tutto divenne più semplice: conteneva quattro lampadine con relativo riflettore e si inseriva in un apposito alloggiamento sulla fotocamera. Dopo ogni foto ruotava per presentare la nuova lampadina pronta per l’esposizione successiva. Quattro foto senza pensieri, poi il cubo si buttava e ce ne voleva un altro. Anche se un po’ costosi, per quei tempi erano una meraviglia.
Ma la vera rivoluzione commerciale furono i Magicube, che funzionavano senza contatti elettrici grazie ad un comando meccanico che innescava un piccolo fulminante contenuto nel cubo stesso. Erano contrassegnati da una X e divennero lo standard per nuove fotocamere popolari più semplici ed economiche, non dotate di batteria e circuiti elettrici.
In quegli anni è così che si andava ad una festa: la Kodak Instamatic e tre cubi flash. Dodici scatti da centellinare.
I Magicube sono ormai un ricordo, la produzione è più o meno cessata verso la fine degli anni ottanta, anche se non è impossibile trovarne ancora qualcuno.
Se un giorno te ne dovesse capitare un esemplare tra le mani, trova una vecchia macchinetta in grado di scattare con questi flash e non perderti l’emozione antica di un bel lampo al magnesio.

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R4 by Pega

Renault 4 by Biascica opaca – © Copyright 2013 Pega

È una bella biottica a pozzetto la vecchia Yashica Mat che chiedo di provare. Appartiene ad un’amica che l’ha acquistata da poco e teme sia difettosa: le foto ritirate dal laboratorio sono stranamente opache, ma io tendo a sospettare un errore di sviluppo e non un problema alla macchina. Così, dopo averci fiduciosamente caricato un bel rullino in bianco e nero, faccio un po’ di scatti.
In realtà aveva ragione lei, anche il mio tentativo produce immagini opache. Bastava guardare bene attraverso la lente principale per notare una certa opacità sul vetro, probabilmente dovuta a qualche muffa. E così la bi-Yashica ora è in riparazione.
Guardo le foto che ho scattato. Certo, sono un po’ opache, anzi molto, ma per niente da buttare. Hanno un fascino tutto loro, un effetto soft focus che le rende vintage ed interessanti. Una ha come soggetto una vecchia Renault 4, sembra arrivare direttamente dagli anni settanta. Mi piace proprio.
Penso: “e se fosse stato uno sbaglio far ripulire la Biascica?”

🙂

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framed: short movieFramed è un delizioso corto realizzato dal videomaker francese Mael Sevestre. Parla di un fotografo e di una sua affascinante esperienza: un incontro del tutto inaspettato mentre è in cerca di scatti bucolici con la sua fotocamera vintage biottica.
Sevestre ha realizzato l’intero video esclusivamente con un Iphone 4S, usandolo anche per filmare le fascinose inquadrature riprese attraverso il mirino a pozzetto della bella reflex usata dal protagonista.
Budget minimo ma una sana dose di talento e bravura. E’ la dimostrazione che, con passione e creatività, si possono fare grandi cose, anche senza investimenti importanti, riuscendo persino a far lavorare insieme le comuni tecnologie tascabili odierne con i gioielli medio formato usati dai fotografi di qualche decennio fa. In questo caso l’Iphone che guarda nella biottica è proprio una trovata di classe. Niente male come metafora.
Complimenti Mael!
.

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A true classicLa stagione è finalmente quella giusta e così rieccoci all’appuntamento con una serata totalmente dedicata alla pellicola.
Sì, sì. L’idea è quella di trovarsi con quelle scatolette in cui si mette il rotolino e che fino a qualche tempo fa erano il normale strumento con cui si realizzavano le fotografie.
Se non hai una fotocamera a pellicola puoi fartela prestare o magari acquistarne una usa e getta per l’occasione, poco importa.
Seguendo la proposta dell’amico Martino, ci trovermo Mercoledì 10 Luglio per una passeggiata fotografica analogica nel centro di Firenze con la luce del tramonto e della prima serata.
Come i precedenti, si tratta di un incontro aperto a tutti ma prevalentemente dedicato a chi si presenterà munito di fotocamera a pellicola e voglia, anche soltanto per una sera, di lasciare da parte il digitale e catturare immagini analogiche.
L’appuntamento è per le 19 sul ponte S.Trinita.

Da lì ci muoveremo guidati dal nostro innato istinto analogico, che ci porterà a vagare per scorci ameni e concludere la serata quando la luce mancherà e la fame ci chiamerà, tutti insieme, verso una frugale e finale piadina.

Che ne dici?
Vieni, sarà divertente!

p.s. Ringrazio chi vorrà confermare la propria partecipazione in un commento a questo post o scrivendo a pegaphotography@gmail.com

p.p.s Sei lontano da Firenze e ti è davvero difficile partecipare? Prova a chiamare i tuoi amici appassionati di fotografia ed organizzare la stessa cosa nella tua città. Faccelo sapere che poi ci scambiamo le foto! 🙂

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dirkonNiente sensore, niente elettronica, niente parti meccaniche, niente ottica… costo praticamente zero.
Basta un po’ di carta ed una discreta dose di pazienza: la Dirkon è davvero una fotocamera alla portata di tutti.
Nata alla fine degli anni ’70 sulle pagine di una rivista dell’allora Cecoslovacchia, è una macchina fotografica stenopeica fai-da-te realizzabile interamente in cartoncino.
Puoi stampare il progetto che vedi qui sotto, ritagliare le parti, incollarle ed avrai una fotocamera pinhole utilizzabile con pellicola 35mm. Una vera sfida che potrebbe essere anche lo spunto per un evento in cui trovarci tra appassionati e provare a realizzarne una a testa per vedere come ce la caviamo.

Dirkon progetto

Puoi trovare altre informazioni ed istruzioni per la realizzazione sul sito www.pinhole.cz
La Dirkon non è l’unica fotocamera stenopeica in cartoncino. Una sua “concorrente” è la Rubicon, leggermente più complessa e sofisticata, probabilmente più efficace, che puoi assemblare partendo da un PDF con piani ed istruzioni, scaricabile gratuitamente qui.
Buon divertimento!

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ilford disposable

Non ci sono dubbi: la pellicola non è morta, anzi è viva e vegeta. Lo provano le tante iniziative che rifioriscono attorno a questa tecnologia fino a poco tempo fa data per spacciata, ma che negli ultimi tempi manifesta segni di grande vitalità. Lo dimostrano il successo di imprese come Impossible Project o la recente contesa di alcuni brevetti Kodak da parte di Apple e Google.
Un altro esempio di questa tendenza è anche il lancio sul mercato di prodotti che a modo loro sono innovativi, come queste due macchine fotografiche “usa e getta bianco e nero” create da Ilford attorno a pellicole di qualità come HP5 e XP2. Una scommessa che la dice lunga su quelle che sono le prospettive che alcuni produttori intravedono ancora in questo settore.
agfa optimaChe Ilford abbia successo o meno credo che non si possa che rallegrarsi di fronte a questo fenomeno che dimostra come la fotografia sia sempre fonte di sfide e rielaborazioni interessanti.
Quel che è sicuro è che non sembra all’orizzonte la scomparsa della pellicola, un supporto che resiste nonostante tutto, continuando ad affascinare vecchi e nuovi appassionati.
Ed io allora che faccio?
Ma certo: un investimento natalizio.
Ecco qui a fianco un mio nuovo gioiellino analogico arrivato oggi: una fiammante Agfa Optima del 1960 acquistata su Ebay alla roboante cifra di 3 sterline e mezzo.
🙂

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Lost memories

Lost memories è un piccolo capolavoro, un “corto” di tre minuti realizzato da Francois Ferracci.
Non voglio anticiparti molto di questo breve gioiellino se non che mette in connessione fotografia digitale, analogica, emozioni, sentimenti e relazioni, il tutto tra passato, presente e futuro della tecnologia.
Qualcosa che ti invito a vedere, gustandone oltre agli spunti di riflessione, anche l’aspetto tecnico eccellente, specie considerando che Francois l’ha realizzato da solo in sei mesi interamente sul suo laptop.
Buona visione.

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Sarà perché è estate, fa un po’ caldo e si tende a volersi alleggerire, il fatto è che in questi giorni ho una lieve tendenza minimalista, anche per ciò che riguarda la fotografia.
Oggi però non mi riferisco alle immagini che realizziamo, già lo feci in un vecchio post, ora voglio solo fare una breve riflessione sull’attrezzatura.
La fotografia è un’attività strettamente connessa con l’attrezzatura. Non ci sono dubbi: a parte situazioni davvero particolari “senza fotocamera è impossibile realizzare delle fotografie” ed avere quindi con sè questo oggetto è condizione necessaria per poter fotografare. Ma ci sono momenti in cui l’attrezzatura diviene al tempo stesso necessità ed ostacolo. La tecnica con le relative scelte e decisioni che ci chiede, frena ed imbriglia la nostra creatività, limitando il nostro raggio di azione.
E allora perché ogni tanto non fare una scelta minimalista semplificando al massimo l’attrezzatura per focalizzarsi solo sulle immagini ed i messaggi?
L’esempio più classico di questo passo, che a seconda dei punti di vista può essere considerato in avanti o indietro, è l’uso di una vecchia fotocamera analogica economica a focale fissa.
Scegliendo di andare a far foto con un’attrezzatura di questo tipo ci liberiamo, oltre che dal peso, anche da un sacco di decisioni che qualche volta rischiano di assorbire parte delle nostre energie creative. La focale fissa e le poche o assenti regolazioni ci permetteranno di concentrarci sul vero soggetto della fotografia. Il suo scarso valore ci libererà dalla preoccupazione di perderla o farcela sottrarre, la fotografia su pellicola limiterà in modo naturale il numero di scatti ed azzererà il tempo speso in scelte di postproduzione.
Quasi sempre “meno è di più” ed in genere anche “meglio”.
Ogni tanto vale la pena di ricordarcelo.
🙂

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Blow up - Michelangelo Antonioni

Di recente è passato in TV un film che avevo visto parecchi anni fa, trovandolo al tempo non molto interessante e forse un po’ “vecchio”…
Blow-Up è una famosa pellicola girata da Michelangelo Antonioni nel 1966 in cui il protagonista, un fotografo di moda interpretato da David Hemmings, scatta per caso delle foto ad una coppia in un parco, accorgendosi poi di un dettaglio misterioso osservando gli ingrandimenti. La storia si sviluppa in un intreccio a tratti inquietante, con il taglio tipico, vagamente psichedelico, del cinema di quegli anni.
Riguardandolo con un occhio un po’ più attento, da fotografo diciamo, ho trovato molti aspetti degni di nota, a partire dal personaggio centrale, evidentemente ispirato ai famosi fotografi fashion degli anni sessanta come Brian Duffy o David Bailey, ma anche i particolari delle tecniche ed attrezzature usate.
Nella storia del cinema ci sono molti film dove la fotografia riveste un ruolo importante, quando capita mi piace molto scoprirli o riscoprirli, rivedendoli con curiosità e a tal proposito voglio dire che mi farà molto piacere se vorrai segnalarmi qualche pellicola degna di essere riscoperta sotto questa luce.
Nel frattempo ti propongo un breve video tratto da Blow-up, in cui si sviluppa un momento di forte “connessione” tra fotografo e modella. Una scena molto famosa che al tempo fu bollata come “troppo esplicita” 🙂
Buona visione.

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