L’International Street Photography Awards (ISPAS) è uno dei più importanti concorsi internazionali di fotografia “street” per fotografi di tutte le abilità. Organizzato dalla comunità online per il supporto alla fotografia indipendente Fotoura, ISPAS ha come obiettivo la promozione del lavoro contemporaneo ed innovativo nell’ambito della fotografia “street” a tutti i livelli e in tutto il mondo, è alla sua quarta edizione e sta crescendo ogni anno.
Il concorso è diviso in tre competizioni: il premio principale, il concorso studenti e la Street Photo dell’anno. I giudici sono di livello internazionale ed ogni competizione prevede premi interessanti.
Partecipiamo?
Qui sotto trovi due coupon che puoi usare per avere uno sconto sul costo di entrata agli ISPAS ed anche per l’iscrizione all’associazione. Trovi tutte le informazioni sul sito di Fotoura.
Posts Tagged ‘cultura’
International Street Photography Awards
Posted in Culture, Street Photo, tagged award, concorso, cultura, fotografia, fotoura, indipendente, street on 21/02/2014| 2 Comments »
Odio il quick cut (reloaded)
Posted in Candid portraits, Culture, People, tagged cultura, cut, gustare, leggere, montaggio, mordi e fuggi, quick, regia, stile, studiare, superficialità, taglio, tendenze, velocità on 29/11/2013| 12 Comments »
Siamo assuefatti al “quick cut”, quella precisa scelta di regia e montaggio che nel mondo del video opta per continui cambi di inquadratura, scene brevissime, dinamiche e veloci, quasi dei flash che si susseguono.
E’ una tendenza che nel corso degli anni si è sviluppata sempre di più. Nata nei videoclip si è trasmessa al mondo degli spot pubblicitari, per approdare ormai in qualsiasi produzione visiva: dalla fiction ai telegiornali, al cinema.
Ormai ci siamo abituati, siamo stati pian piano “addestrati” a sfruttare quella capacità del nostro cervello di saper “cogliere al volo” la sintesi, di “surfare” tra le informazioni audiovisive, in un flusso sempre più veloce e denso, spesso ricchissimo di suggestioni pubblicitarie.
Personalmente ho sviluppato però nel tempo, una forma di rigetto nei confronti di questo stile. Una sorta di intolleranza.
Odio il quick cut perché ha iniziato a farmi parzialmente perdere la capacità di fermarmi a guardare, godere di una scena, studiarne le caratteristiche con calma. E questo è tanto più grave se questa superficialità la andiamo ad usare con le fotografie.
Le foto vanno gustate. Già in precedenti post accennavo al piacere di studiare a fondo le immagini, di “ascoltarle” a lungo quasi come si fa con un pezzo musicale o anche come si assapora con calma un calice di buon vino.
Il quick cut è invece un atteggiamento, un’impostazione, un modo diverso di guardare, che tende ad allontanarci da tutto questo.
Ed è un gran peccato.
Rose & rusco (reloaded)
Posted in Culture, tagged civiltà, cultura, fotografia, ignoranza, paranoia, paura, privacy, sospetto on 16/10/2013| 10 Comments »
Visto che la situazione non sembra certo migliorare, ripropongo queste vecchie riflessioni. Chissà che qualcuno non ci si ritrovi…
Se gli fotografi la casa si preoccupano che tu sia lì per documentare il loro abuso edilizio…
Se inquadri un luogo di lavoro qualcuno si insospettisce che si tratti di una indagine che gli scovi violazioni di norme sulla sicurezza o lavoratori in nero…
Se piazzi il cavalletto ti vengono a chiedere che tipo di rilievi stai facendo e perché.
Se fotografi un bambino ti prendono per pedofilo…
Se inquadri un campo incolto ti accusano di progettarci la costruzione di un centro commerciale.
A qualche manifestazione ti guardano storto che magari sei dei “servizi”…
Se fai una foto ad una ragazza ti dice che non sei autorizzato a sfruttarle l’immagine.
Ad alcuni gli violi la privacy.
Sulla spiaggia con la reflex ti fanno cenno di “no che tanto poi la foto non la compro”.
In alcuni luoghi pubblici si preoccupano che tu stia preparando un attentato.
Se scatti al gruppo sbagliato: “scappa che non è il primo che menano!”
Nei musei “non si può: ci vuole l’autorizzazione”.
Se scatti alle macchine che passano e ti prendono per un autovelox…
…
Ma come ci siamo ridotti?
Beh, MENOMALE almeno nessuno teme più che se gli fai una foto gli rubi l’anima.
Forma scritta e tradizione orale
Posted in Black and White, Culture, People, Photography portraits, Technique, tagged cultura, imparare, manuale, orale, scritto, tradizione on 22/09/2013| 8 Comments »
Anche per chi si interessa di fotografia, la forma scritta è una delle vie più efficaci per la trasmissione del sapere. É così per tante discipline, almeno da quando l’uomo ha superato la sola “tradizione orale”.
I libri sono insomma uno dei sistemi più validi che abbiamo per imparare e mi chiedo quindi perché molti fotografi continuino a snobbare uno dei testi più importanti a loro disposizione. Si tratta di un volumetto che spesso si riduce a poche decine di pagine e che tanto li aiuterebbe a migliorare. Di cosa sto parlando? Del manuale della fotocamera.
C’è poco da fare: conoscere intimamente le caratteristiche della propria macchina fotografica è una condizione minima per riuscire a fare delle buone fotografie e la fonte più autorevole non sono gli amici o i conoscenti che usano lo stesso prodotto, ma chi l’ha progettata e costruita.
Riesci ad immaginare un Weston, un Bresson o un Adams alle prese con una fotocamera che non sapevano usare con sicurezza? Avrebbero saputo regolarla ugualmente, con perizia e precisione, magari senza nemmeno guardarla, sfruttandola al meglio per realizzare le loro fotografie?
Difficile.
Cortocircuito fotografico #9: Robert Mapplethorpe (con Patti Smith)
Posted in Black and White, History of photography, People, Photography portraits, tagged amicizia, amore, arte, creatività, cultura, fotografia, musica, ritratto, rock, sessanta, settanta, talento on 07/08/2013| 4 Comments »
È la volta di un nuovo cortocircuito fotografico, anzi, a dire il vero, di uno straordinario doppio cortocircuito fotografico.
In questo scatto di Norman Seef, realizzato nel 1969 a New York, ci sono due grandi personaggi: Robert Mapplethorpe e Patti Smith.
Non credo ci sia bisogno di presentazioni per questa coppia di notevoli interpreti della scena culturale degli anni settanta, ed è davvero un doppio cortocircuito perché i fotografi ritratti sono due: anche Patti infatti, dopo aver conquistato il titolo di sacerdotessa del Rock, si è poi rivelata una bravissima fotografa.
Patti Smith e Robert Mapplethorpe avevano circa vent’anni, vivevano insieme e si amavano. Patti era da poco arrivata da Chicago, senza soldi, la musica ancora non era la sua passione: la sua idea era di diventare una poetessa.
Robert era nato a New York in una famiglia di rigide tradizioni cattoliche. La fotografia era per lui ancora da scoprire, come la sua omosessualità. Si lasciarono quando lui si rese conto di essere gay, ma restarono amici e si aiutarono per tutta la vita ed oltre, con Patti che continuò a scrivere lettere a Robert anche dopo la sua morte.
Norman Seeff, nato e cresciuto in Sudafrica, si era da poco trasferito negli Stati Uniti dopo una breve carriera come medico. Qui scoprì che la sua vera passione erano le arti visive e la fotografia.
L’esperienza con Robert e Patti segnerà l’inizio di una lunga carriera da fotografo e regista dentro al mondo dell’arte e della creatività. Una carriera che lo vede, a settantaquattro anni, ancora protagonista.
Lo scatto sopra fa parte di una serie che fu realizzata a casa di Norman, dopo che i tre si erano conosciuti in un locale a New York. Il talento di Seeff fu attratto dal fascino della coppia e chiese loro di poterli fotografare. Ne vennero fuori immagini molto belle, in grado di raccontare lo straordinario rapporto tra i due giovani artisti. Un rapporto che, dopo un inizio amoroso, assunse la forma di un’amicizia assoluta, fatta di condivisione di idee, sogni e visioni.
Dopo la morte di Mapplethorpe, Patti Smith ha affermato che quelle foto si avvicinano molto al suo ricordo della profondità del loro amore. Non è difficile crederle, guardando lo sguardo di Mapplethorpe in questo magnifico scatto.
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I precedenti cortocircuiti fotografici:
#1: Eugene Atget fotografato da Berenice Abbott
#2: Berenice Abbott fotografata da Hank O’Neal
#3: Edward Weston fotografato da Tina Modotti
#4: Tina Modotti fotografata da Edward Weston
#5: Alfred Stieglitz fotografato da Gertrude Käsebier
#6: Steve McCurry fotografato da Tim Mantoani
#7: Robert Capa fotografato da Gerda Taro
#8: Gerda Taro fotografata da Robert Capa
Il dagherrotipo reloadato
Posted in Black and White, Culture, History of photography, People, Photography portraits, Technique, tagged borghesia, brevetto, cultura, Dagherrotipo, daguerre, economia, fotografia, Francia, innovazione, ritratto, stati uniti, storia on 12/07/2013| Leave a Comment »

Louis Jacques Mande Daguerre
È forse possibile essere davvero appassionati ad una forma espressiva come la fotografia senza conoscerne la storia? Senza sapere com’è nata e come si è evoluta? Io non credo proprio, e così ogni tanto torno alle origini…
Erano gli albori della fotografia quando nel 1839 Louis Daguerre annunciò al mondo la sua invenzione denominata molto “modestamente” Dagherrotipo.
Si trattava del prodotto degli studi che, da alcuni anni, stava conducendo insieme al suo socio Nicèphore Niepce, scienziato ed inventore, che però morì proprio poco prima del raggiungimento del successo finale: l’invenzione di una macchina che poteva catturare immagini. Daguerre si prese tutto il merito ed anche i proventi di un brevetto che non esitò a registrare a suo nome. In pochi mesi il manuale di istruzioni che accompagnava la macchina fu tradotto in ben 23 lingue ed il Dagherrotipo iniziò ad essere acquistato in ogni parte del globo da persone che volevano fare della fotografia la loro fonte di ricchezza. Sì ricchezza, perchè una vera e propria sete di ritratti di qualità divorava le borghesie dei paesi che si stavano industrializzando, una gran quantità di persone poteva finalmente esaudire un desiderio che fino a pochi anni prima era riservato solo ai più facoltosi in grado di permettersi di pagare un bravo pittore.
Il costo delle fotografie con il Dagherrotipo non era irrilevante ma questo non impedì il fiorire di questo business che faceva completamente capo a Daguerre, sia in termini di produzione delle macchine che di fornitura di tutto il necessario per utilizzarle.
Negli Stati Uniti il successo fu strepitoso e dagli archivi di Daguerre risulta che nel 1845 nel solo stato del Massachussets furono realizzate oltre 500.000 fotografie.
Sono numeri che oggi si consumano in un secondo ma che allora erano da capogiro, tanto che alla fine lo stesso Daguerre finì per andare in difficoltà e non riuscire più a gestire questo meccanismo vorticoso, scegliendo quindi di renderlo pubblico, cedendolo allo stato francese che in cambio gli riconobbe un vitalizio.
Il funzionamento del Dagherrotipo era abbastanza complesso, si basava sulla preparazione di una lastra di rame su cui veniva steso un sottile strato di argento. Una volta perfettamente lucidata, la lastra veniva esposta a vapori di iodio che combinandosi con l’argento la rendevano sensibile alla luce e pronta per l’esposizione che tipicamente durava dai 3 ai 10 minuti.
Dopo si doveva passare subito alla fase di sviluppo che avveniva esponendo la lastra a dei vapori di mercurio.
Il prodotto finale era un’immagine positiva, quindi non riproducibile, ma di qualità altissima, talmente elevata da potersi considerare ancora insuperata.
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Helmut Newton
Posted in Black and White, Culture, History of photography, People, Photography portraits, Street Photo, tagged arte, creatività, cultura, donne, fashion, fotografia, moda, novecento, nudo, seguenti es, settanta, storia on 11/04/2013| Leave a Comment »
Helmut Newton è il fotografo che negli anni settanta portò il nudo nell’estetica fashion, proponendo immagini talmente nuove e provocatorie da trasformare per sempre il concetto stesso di fotografia di moda.
Leggendarie sono le sue pubblicazioni White Women (1976), Sleepless Nights (1979) ma più di tutti lo spettacolare Big Nudes (1981) fatto in gran parte di foto realizzate in esterni, spesso in strada, con modelle in atteggiamenti sensuali o inquietanti, dove il rapporto con le immagini fashion divenne solo una scusa per portare avanti un progetto puramente artistico.
Con questi lavori Newton si conquistò un posto da protagonista nella fotografia del secondo Novecento, dimostrando la capacità di sondare una dimensione che andava oltre la pura estetica, un terreno non convenzionale fatto di ambiguità ed erotismo ma anche violenza e morte. In sostanza una visione cruda della realtà dove all’osservatore tocca un ruolo di interpretazione molto importante.
Alcune immagini di Newton hanno trovato un posto di tutto rispetto nella storia di questa disciplina e sono particolarmente famose, come il ritratto di Andy Warhol nella stessa posa di una statua della Madonna fotografata in una chiesa toscana, oppure la foto di Nastassia Kinsky che abbraccia una bambola dalle sembianze di Marlene Dietrich.
La galleria Diaframma
Posted in Black and White, Culture, History of photography, People, tagged cultura, diaframma, fotografia, galleria, Italia, lanfranco colombo, milano, storia on 28/03/2013| Leave a Comment »
Era il 13 aprile del 1967. A Milano, in via Brera 10, il sogno di un grande appassionato di fotografia si stava materializzando in qualcosa di molto significativo per la storia della fotografia italiana ed europea: la Galleria Diaframma.
Lanfranco Colombo, classe 1924, si era già distinto come fotografo. Negli anni precedenti aveva ottenuto più di un riconoscimento e nel 1966 aveva fondato la casa editrice Diaframma con l’intento di pubblicare l’edizione italiana della famosa rivista americana “Popular Photography”. Ma proprio la Galleria sarebbe divenuta la sua vera grande creatura, un luogo che risultò unico nel suo genere: la prima galleria d’arte al mondo esclusivamente dedicata alla fotografia.
E’ difficile riassumere in poche righe la lunga storia di questo posto: decenni di mostre ed eventi dove autori italiani e stranieri, in molti casi di grande spessore, esposero ed in qualche caso fecero il loro esordio per poi percorrere importanti carriere. Nomi che vanno da Mario Giacomelli a Gabriele Basilico.
La galleria Diaframma ha aiutato la fotografia italiana a passare dall’essere una forma d’arte pionieristica, a cui di fatto erano interessati solo pochi addetti ai lavori, a quella di oggi, con il giusto ruolo che la pone tra le principali forme espressive contemporanee.
La cultura fotografica attuale, con le sue mostre, festival, scuole e rassegne, in vari casi di valore anche internazionale, è una realtà che un po’ deve anche ai quarant’anni di contributo che “Diaframma” ha saputo dare ed alla strada che negli anni sessanta ha cominciato a indicare, rappresentando un punto di incontro da cui sono nate così tante idee.
Molto belle le parole scritte da Wanda Tucci Caselli sul sito di Lanfranco Colombo a proposito del “mito del Diaframma” e del lavoro di questa importante figura tutt’ora in attività:
Per noi fotografi non è necessario aggiungere Colombo. Lanfranco è, per noi, la Fotografia.
Lanfranco, questo personaggio assurdo, intemperante, logorato da una passione che ci coinvolge tutti, è l’uomo che ha saputo avvicinare amatori e professionisti, che ha dato spazio a ciascuno di noi, sempre su un piede di partenza per conoscere autori, per visitare musei, per proporre incontri: Chi avrebbe conosciuto Cornell Capa, Natan Lyons, Mike Edelson, Neal Slavin, Gisèle Freund se non ci fosse stato lui?
Chi può dimenticare quei pomeriggi in via Brera, i cocktails raffinati e sproporzionati, le soste in cortile a scambiarci opinioni sulle mostre in oggetto? … e i suoi Sicof, con lo stile dei belgi, i ritratti dei polacchi, l’archivio di Mosca? e le mostre in progress, sulla danza, sui manichini, sui mondiali ’90? … Chi può sottovalutare l’importanza che poteva avere per un neofita poter esporre accanto ai nomi più noti con un modesto “formato cartolina”? e il fervore di quel Sicof in cui ci si aiutava scambievolmente tra sconosciuti alla ricerca di catene e cornici sempre insufficienti per appetiti sempre più insaziabili?
Lavoro e sudore: i fotografi del National Geographic
Posted in Culture, video, tagged abisso, affascinante, amicizia, arte, bellezza, burocrazia, carcassa, civiltà, colore, cranio, cultura, difficoltà, erba, facce, fango, Fascino romantico, foresta pluviale, fotografia, gioia, globalizzazione, gusto, incidenti, indiscrezione, insetti, intimità, jungla, lavoro, malaria, malattie, mare, mondo, natura, orrore, ossa, pericolo, persone, povertà, problemi, rapine, ravvicinato, ricerca, rischi, ritratto, savana, schifo, scimmie, sguardi, sporco, squali, storia, talento, tempo, tenda, tragedia, tuffi, Umanità, una vita pazzesca, vermi che si infilano sotto la pelle, viaggio, violenza, vita on 25/01/2013| 4 Comments »
Forse non ti andrà, non ti metterai comodamente sul divano a vedere questo video. Forse non lo farai perché sembrano tanti i cinquanta minuti che parlano della vita e del lavoro dei fotografi del National Geographic.
E invece vale tutto il tempo che richiede questo documento realizzato diversi anni fa e tutto dedicato ad un gruppo di professionisti appassionati che ha avuto un ruolo così importante nella storia recente della fotografia.
Tu fa come preferisci, io me lo sono gustato con calma e piacere, cogliendo anche l’occasione per fare un piccolo esperimento divertente: annotarmi, via via, alcune parole, quasi delle keyword di sintesi dell’intero filmato.
Se non hai voglia di vedere il video puoi sempre accontentarti di queste.
Eccole qua: 🙂
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Buona visione
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Riflusso analogico
Posted in Culture, Technique, tagged analogica, arte, business, creatività, cultura, disposable, film, fotografia, Ilford, nostalgia, pellicola, progresso, retro, trend, vintage on 12/12/2012| 13 Comments »

Non ci sono dubbi: la pellicola non è morta, anzi è viva e vegeta. Lo provano le tante iniziative che rifioriscono attorno a questa tecnologia fino a poco tempo fa data per spacciata, ma che negli ultimi tempi manifesta segni di grande vitalità. Lo dimostrano il successo di imprese come Impossible Project o la recente contesa di alcuni brevetti Kodak da parte di Apple e Google.
Un altro esempio di questa tendenza è anche il lancio sul mercato di prodotti che a modo loro sono innovativi, come queste due macchine fotografiche “usa e getta bianco e nero” create da Ilford attorno a pellicole di qualità come HP5 e XP2. Una scommessa che la dice lunga su quelle che sono le prospettive che alcuni produttori intravedono ancora in questo settore.
Che Ilford abbia successo o meno credo che non si possa che rallegrarsi di fronte a questo fenomeno che dimostra come la fotografia sia sempre fonte di sfide e rielaborazioni interessanti.
Quel che è sicuro è che non sembra all’orizzonte la scomparsa della pellicola, un supporto che resiste nonostante tutto, continuando ad affascinare vecchi e nuovi appassionati.
Ed io allora che faccio?
Ma certo: un investimento natalizio.
Ecco qui a fianco un mio nuovo gioiellino analogico arrivato oggi: una fiammante Agfa Optima del 1960 acquistata su Ebay alla roboante cifra di 3 sterline e mezzo.
🙂












