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Dennis Hopper

© Dennis Hopper - Autoritratto

Sen’è andato ormai da qualche tempo, ma ogni volta che mi capita di rivederne le gesta non posso che ricordarlo con una particolare forma di affetto: è l’attore e regista americano Dennis Hopper.
In molti lo associano a mitici film come “Gioventù bruciata” con James Dean o “Easy rider” che interpretò e diresse. E’ stato un personaggio un po’ fuori dalle righe nella Hollywood dello scorso secolo ed è forse per questo che a me è sempre piaciuto.
Lo ricordo però anche per un’altra sua passione, che forse non tutti sanno, la fotografia.
Fu lo stesso James Dean a regalargli una macchina fotografica, quasi anticipando quel fantastico ruolo di fotografo un po’ folle che poi avrebbe avuto in Apocalypse Now. Da quel momento lo scattare foto nelle tante situazioni che gli capitavano accompagnò sempre Hopper, rivelandone un talento visuale tutt’altro che ordinario.

Paul Newman

Paul Newman -© Copyright Dennis Hopper

Non molto tempo fa mi ero imbatutto in una pubblicazione edita da Taschen (ma dal prezzo inarrivabile) dal titolo: “Dennis Hopper: Photographs 1961-1967” e fogliandola ne ero rimasto proprio ammirato.
Ho ritrovato sul web molti di quegli splendidi scatti in bianco e nero. E’ molto facile vederli come risultato di una ricerca con “Dennis Hopper photographer”. Sono foto ricche di fascino, ma lo stesso tempo grezze: ritratti intensi e particolari, come quello di Paul Newman qui accanto ed anche scene dai set hollywoodiani o dalle sale di registrazione, oltre a qualche autoritratto.
Con lo sbocciare della pop-art Hopper esplorò anche la pittura e la poesia, rivelando un discreto talento anche in questi campi e dimostrando quindi una grande ecletticità riconosciuta anche recentemente quando, negli scorsi mesi, era stato selezionato tra gli artisti partecipanti alla mostra inaugurale del MOCA (Museum of Contemporary Art) di Los Angeles.

Ciao Dennis.
Have an easy ride.

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Ho conosciuto Pynomoscato al recente Sharing Workshop dove è intervenuto parlandoci delle sue esperienze di fotografia HDR ma da tempo seguivo il suo interessante stream su Flickr e già prima di conoscerlo dal vivo gli avevo chiesto di essere ospite di questo blog con un’intervista.
Eccola in versione integrale, in fondo puoi trovare tutti i riferimenti alla produzione ed al lavoro on line di questo appassionato fotografo.

Pynomoscato

Ciao Pino. Innanzitutto voglio ringraziarti per quest’intervista.
Seguo da tempo il tuo lavoro su flickr e da poco il tuo sito. Ci racconti qualcosa di te prima di parlare di fotografia ?
Sono io a ringraziare te per avermi dato l’opportunità di dire la mia e voglio complimentarmi per l’attività che svolgi attraverso il tuo blog.
Difficile parlare di sé… da quando mi conosco, penso di essere uno che ha sempre avuto un’estrema necessità di sperimentarsi e di comunicare. Mi piace andare fino in fondo, sono pignolo e non mi accontento mai. Riconosco quando raggiungo un obiettivo e quando mi accade sono già proiettato al successivo. Ringrazio la vita (o chi per lei) per le meravigliose persone che mi ha fatto conoscere e che tanto mi hanno dato.

Come hai iniziato a fotografare ?
Avrei periferico mi domandassi: come hai iniziato a “immaginare”. Fotografare per me equivale ad elaborare un’idea, un fatto, un evento, una rappresentazione, una storia, un racconto. Ho iniziato con la pittura e il mio primo quadro a olio era un tramonto sul mare, un luogo che avevo visto e che ho dipinto sulla base del ricordo che avevo di quel luogo. Nel ’90 è arrivato il computer e mi sono messo a fare grafica, ho disegnato interfacce per la realizzazione di software per bambini (ho fatto anche il maestro di scuola elementare per 20 anni). Quindi diciamo che creavo da zero e realizzavo metafore con l’obiettivo di provocare reazioni logiche e cognitive. Non ti nascondo che per me la fotografia è arrivata dopo…praticamente in digitale. A parte un’Agfa come regalo della prima comunione e un altro paio di buone compatte a pellicola, ho avuto una reflex analogica Canon per un’estate e poi la Sony DSC-F505V con ottica Zeiss. Insomma dopo la grafica (Photoshop e Illustrator, ma anche il 3d) è arrivata la fotografia come dimensione e anche come disciplina. Posso affermare serenamente di essere un fotografo digitale, anche se ho letto e studiato l’esperienza analogica di cui ne sono profondamente affascinato.

Il Battistero

Il Battistero - Copyright 2010 Pynomoscato

La tua fotografia è più ispirazione o ragionamento, qual’è il tuo atteggiamento quando sei “sul campo” ? Tendi a seguire dei progetti o ti muovi per istinto ?
redo di stare dentro tutte queste cose. Vediamo se mi riesce di spiegare. La fotografia per me ora è diventata una necessità.. cosa vuol dire.. che non so stare più di una settimana senza fotografare. Quindi c’è un piacere che è a prescindere. Non faccio reportage, non sono un ritrattista e nemmeno un patito per le macro, mi piace andare in giro con la macchina fotografica, osservare e scattare, quindi si, potrei dire di istinto, anche se al momento dello scatto già immagino quale può essere il risultato dopo averla lavorata al computer. Faccio così anche perché è ciò che mi posso permettere sul piano dell’impegno quotidiano: lavoro e ho tre figli (la più grande ha 9 anni) e mia moglie è un medico di ospedale.. quindi pensa tu quanto tempo ho a disposizione. Ho la fortuna però di percorrere un tragitto meraviglioso da casa al lavoro: tutti i giorni parto dall’isolotto e raggiungo la mia sede di lavoro (ANSAS ex-indire) dalle parti di piazza dei Ciompi. Mi faccio i lungarni in scooter e le occasioni per fotografare non finiscono mai: mi fermo, parcheggio lo scooter come capita e scatto.
Non ti nascondo però che sono molto affascinato dall’idea di lavorare su un progetto… anzi ti confesso che sto lavorando ad un progetto, ma non ti dico di più, vedremo.. spero di farti sapere qualcosa fra qualche mese.

Che attrezzatura usi?
Mi sono sempre mosso sul marchio Canon, prediligo lo scatto veloce, quasi di istinto e la tradizione vuole che questa macchina risponde a questo tipo di esigenza. Ho avuto l’ottima 20d per quattro anni. Con lei ho scoperto il piacere di usare la reflex. Da settembre scorso uso la 5d Mark II. La scelta è stata dettata dall’esigenza di avere un full frame e sfruttare le ottiche EF per quello che sono. E’ una macchina straordinaria seppur con qualche limite che può essere superato affidandosi all’esperienza analogica, che purtroppo io non ho sperimentato, ma che ho comunque studiato. Con la 20d ho usato ottiche più o meno buone, dal Canon 17-85mm f/4-5.6 IS EF-S USM Lens, al Sigma 70-300mm f4-5.6 APO DG Lens, al Tamron 28-75mm F2.8 AF SP Di. Ma dopo aver acquistato il Canon EF 70-200mm f2.8 L USM ho capito che non c’era storia, quindi ho preso l’universale Canon 24-70 mm f/2.8 L USM e il gioiello Canon EF 16-35 mm f2.8 L USM e recentemente mi sono “svenato” con il Canon EF 100 mm f2.8 L Macro IS USM. Fortunatamente ho potuto piazzare le discrete vecchie ottiche insieme alla 20d e ho così potuto prendere la 5d markII. E so anche che non è finita qui. Gli accessori a corredo sono Tripod manfrotto, Canon flash 580 Ex e l’ormai indispensabile Canon RS-80N3 Remote Switch per le situazioni non in movimento.

 
Tramonto al Cestello

Tramonto al Cestello - Copyright 2010 Pynomoscato

Ho notato che una buona parte del tuo lavoro è caratterizzata da tecniche HDR. Ci puoi dire qualcosa a questo proposito ed al tuo workflow di postproduzione?
Ormai su Flickr vengo riconosciuto come un fotografo HDR. Trovo che sia una tecnica affascinante e devo dire che mi da tante soddisfazioni. Non pratico l’HDR classico, quello descritto sul libro di David J. Nightingale per intenderci. Mi piace riprendere situazioni dinamiche e in movimento e quindi creo le diverse esposizioni a partire dal file Raw. Non agisco solo sull’esposizione, ma lavoro anche sugli altri parametri (schiarita, chiarezza, temperatura, etc). Lavoro al massimo della qualità (tiff 16 bit) per avere a disposizione il maggior numero di informazioni. Poi entra in gioco Photomatix, carico i tiff prodotti precedentemente e manipolo nuovamente l’immagine usando quasi tutti i controlli che il programma mette a disposizione. Quando il risultato mi soddisfa, salvo il file e lo riapro ancora in Photoshop (cs4) e di solito rifinisco con le funzioni del sottomenu “esposizione”, infine si va sullo sharpner per per ottenere un maggiore microcontrasto e ottenere quindi altra qualità nel dettaglio e nella definizione. Ora dopo circa un anno di sperimentazione posso dire di ottenere dei risultati per me soddisfacenti.
Comunque per ottenere dei buoni risultati non basta assolutamente saper smanettare tutti quei cursori. Alla base ci deve essere sempre un bello scatto, pulito e con la giusta luce.. insomma prima di mettersi a lavorare con l’HDR bisogna applicare le regole immortali dell’analogico. Questa tecnica ci può restituire delle immagini “fantastiche”, ma anche molto definite. Il concetto è che si lavora con le luci e quindi è possibile dare luce laddove è più scuro e più ombra laddove hanno esagerato le alte luci. Alla fine è una tecnica complessa e impegnativa, sempre che si vogliano ottenere dei risultati di un certo livello.
E’ un discorso molto lungo che di certo non si può affrontare in un’intervista. Le cose che qui ti ho detto sono solo il 30 per cento delle operazioni che si mettono in atto, c’è ad esempio la problematica del rumore che può essere risolta in diversi modi, il problema che certe zone dell’immagine possono piacere col rumore e altre no e quindi si va con la tecnica del fotomontaggio. Uso Photoshop da tanti anni e mi pare di conoscerlo sempre poco… Ma il digitale secondo me è bello per questo, per le infinite possibilità di trasformare l’immagine. Ovviamente ognuno ha il suo punto di vista e della fotografia lo può soddisfare un aspetto piuttosto che un altro. Sono ad esempio molto felice di aver conquistato diversi fotografi “tradizionali”, non entro ne in conflitto, ne in competizione, perché sono convinto che ognuno di noi ha da dire delle cose belle, intelligenti e interessanti al di là della tecnica che usa e questo mi basta per entrare nel contenuto del messaggio.

La domanda classica che faccio agli ospiti di questo blog: cosa significa per te la tua fotografia ?
Tante cose, ma in particolare mi piace la relazione che si crea tra me e l’altro da me. Ti copio qui una definizione di me che trovi sia sul mio profilo personale di flickr, sia sul mio sito personale (www.pynomoscato.it) che suona così: …la cosa che più mi intriga è mettere quell’occhio in un buco e vedere che al di là, ogni volta, c’è sempre qualcosa di diverso da me.

Se ti chiedessero “qual’è il tuo genere”, cosa risponderesti?
No, non mi sento di stare in un genere, anche perché ho moltissimo da imparare. L’unica cosa che un po’ mi sento di affermare o che potrei azzardare è… mi sento un fotografo “di luce di ambiente”, nel senso che non so cosa sia uno studio fotografico, anche se mi piacerebbe moltissimo sperimentarlo. Poi magari per qualcuno sono un accadierrista…

Hai mai avuto occasione di esporre o pubblicare il tuo lavoro ? Hai progetti di questo genere per il futuro?
Quando dipingevo ho fatto qualche mostra, ma con la fotografia no.. spero presto di riuscire a farne una, quando ci riuscirò te lo dirò

L’ultima domanda è sempre la stessa per gli ospiti di questo blog… : -) . Se tu avessi l’opportunità di incontrare un grande fotografo e ti fosse concesso di fargli una sola domanda, cosa gli chiederesti?
Io un grande fotografo l’ho incontrato, ma quando l’ho incontrato non ero consapevole e quindi non gli ho fatto nessuna domanda, se oggi lo incontrassi ancora gli chiederei la cosa per la quale non mi sento mai abbastanza appagato: come si fa a comandare la luce? Quel fotografo era Gianni Giansanti, quello che ha fotografato il ritrovamento di Moro nella Renault 4, che ha fotografato il papa polacco (andatelo a vedere www.giansanti.com) , una persona incredibilmente entusiasta del suo lavoro, io sono stato uno dei maestri di sua figlia alla scuola elementare ero il maestro che insegnava il computer, circa 15 anni fa, in quel periodo in cui io facevo anche il grafico. Gianni era curioso del digitale che in quel periodo cominciava a prendere piede in modo insistente e quindi si era creata quella condizione di scambio di conoscenze. Solo che io in quel momento della mia vita non ero preso dalla fotografia, ma da altre cose e quindi non c’è stato un seguito. peccato perché Gianni è morto il 18 marzo dello scorso anno a causa della solita brutta malattia. L’avevo cercato qualche tempo prima, ma non sono più riuscito a parlarci… Dopo che mi sono innamorato della fotografia, lo penso spesso. Se vi va potete leggere qui il mio tributo a questo grande fotografo: www.flickr.com/photos/pinomoscato/3582322325/in/set-72157617751226341/

Un grazie a Pino per questa interessante intervista.
Per chi vuole approfondire la sua conoscenza consiglio una visita attenta al suo stream su flickr ed al suo sito www.pynomoscato.it

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VitasSono passati un po’ di anni da quella primavera del 1982.
Ero appena sceso dagli spalti che circondavano il campo da tennis dove pochi minuti prima si era concluso un incontro di un torneo internazionale. Ne era uscito vincitore un personaggio che probabilmente pochi ricordano ma che al tempo era tra i primi dieci al mondo ed anche tra i miei preferiti : l’americano Vitas Gerulaitis.

Non ricordo nemmeno chi fosse stato il suo avversario, quel che conta è che la partita si era rivelata piuttosto dura per lo statunitense, ormai non più giovanissimo. Lo vidi allontanarsi un po’ stanco, con un asciugamano sulla testa, accompagnato dal suo coach. Imboccarono un vialetto del circolo che non portava agli spogliatoi, la cosa mi incuriosì e decisi di andare a vedere.

In breve mi ritrovai, un po’ allibito insieme a molti altri spettatori, sul bordo di un altro campo da tennis, un normale campo da allenamento, senza spalti nè gradinate.
Gerulaitis stava palleggiando con il suo coach.
Stava facendo pratica.

Era il giocatore più forte del torneo, tra i primi della classifica mondiale, aveva appena concluso un incontro da vincitore ma evidentemente c’era qualcosa che andava sistemato. Doveva far pratica. Doveva far pratica del rovescio.
Il coach gli porse un’infinità di palle, tutte per il rovescio. Gerulaitis colpì rovesci per un’ora buona. Tutti uguali, sembrava una macchina.
Rimanemmo in molti a vedere. Zitti ed a bocca aperta.

So che per per molti probabilmente questa storia non ha un gran significato. E’ un po’ come quando si fanno vedere le foto delle proprie avventure o vacanze a chi non c’era… difficile che possano trasmettere pienamente le sensazioni che si sono provate. E poi mi chiederai cosa c’entra tutto questo con la fotografia?

Beh, credo ci sia una lezione in questa storia ed è l’importanza di una pratica costante se si vuole essere in grado di ottenere dei risultati interessanti.
Un campione, un professionista, decide nel bel mezzo di un torneo di fare pratica, di esercitarsi nel rovescio come un principiante. Un fotografo può avere un atteggiamento diverso? Oppure è anche per noi la pratica la chiave per essere in grado di esprimersi al meglio, di cogliere quel momento, quella luce, senza pasticciare con tappi di obiettivi, treppiedi e comandi della macchina fotografica?

Ah, Gerulaitis superò gli incontri successivi, arrivò in finale e vinse il torneo.

🙂

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Lensculture

Oggi voglio segnalare un gran bel sito per chi è appassionato di fotografia, in particolare quella contemporanea.
Si tratta di LensCulture, una rivista web ricca di contenuti ed informazioni, molto ben fatta e costantemente aggiornata che puoi trovare all’indirizzo www.lensculture.com

Tante le sezioni interessanti, a partire dall’archivio dei profili e delle gallery di un folto gruppo di bravi fotografi, passando per un’area, che personalmente trovo molto importante, contenente una serie di interviste audio.
Non mancano un bel blog e numerosi approfondimenti, saggi, critiche e recensioni di esposizioni e libri.

Insomma un sito da visitare, anche per chi non ha totale dimestichezza con l’inglese perchè… si sa… le immagini abbattono ogni barriera.

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The upstream taxi

The upstream taxi - © Copyright 2009 Pega

Su Facebook vengono caricate qualcosa come 500.000 nuove foto al minuto… Un MILIONE di foto ogni due minuti.
Si tratta del social nework più popolare al mondo, ma non è il solo e va quindi considerato che anche su tante altre piattaforme gli upload di foto viaggiano a ritmi elevatissimi.
E’ un fenomeno di proporzioni enormi.

Ovviamente non tutte le foto che vengono caricate online sono dei capolavori ma, specie sui siti dedicati alla fotografia come Flickr, va detto che il livello qualitativo è davvero elevato.
Nella massa dei tanti utenti più o meno bravi ci sono migliaia di fotografi di grande talento che postano i loro scatti amatoriali condividendoli con il mondo. Non è difficile avere occasione di intravedere in questo stream di immagini alcuni lavori tranquillamente paragonabili ad opere che un tempo sarebbero state sicuramente oggetto di attenzione da parte di editori e curatori.

Come fa oggi un bravo fotografo ad emergere? Com’è possibile distinguersi in questo magma creativo di proporzioni planetarie?

E’ una domanda che più volte mi sono posto e facendo due chiacchiere mi è capitato anche di sottoporla a persone che lavorano nel mondo dell’arte e del suo commercio, in particolare un paio che da decenni si occupano di pittura. Nel loro caso si tratta di un settore con dinamiche, meccanismi ed anche valori diversi da quello della fotografia, ma da alcune considerazioni ho tratto spunti interessanti per farmi un punto di vista che magari accennerò in qualche futuro post.

Nel frattempo giro anche a te queste domande…

Come trovare e riconoscere nel gran calderone del web 2.0 gli artisti di talento? Come scovarli, seguirli e gustarne le meraviglie? Come può un bravo fotografo emergere oggi?

Buona Pasqua ! 

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A nice smile - Copyright 2009 Pega

A nice smile - Copyright 2009 Pega

Sì, lo confesso. Amo i titoli.
A volte mi catturano più delle immagini, a volte riescono a stravolgere l’idea e l’impressione che ricavo da una foto, e quasi sempre in meglio.
Sì lo so che non è poi così bene farsi influenzare dal titolo ma che ci vuoi fare, per me è così ed è una reazione istintiva, difficile da controllare e non sono d’accordo con chi sostiene che il titolo non andrebbe nemmeno preso in considerazione perché fa deviare dal senso profondo del gustare un’immagine.

Amo il titolo perché mi aiuta ad entrare in sintonia con il fotografo che ha scattato la foto , con il pittore che ha creato il quadro o il musicista che ha composto il pezzo. E poi del resto cosa sarebbe, ad esempio, la musica senza i titoli? Ma per me vale moltissimo anche per le arti figurative.
Il titolo è per me una parte essenziale dell’opera e rimango ogni volta deluso quando mi capita di vedere dei veri e propri capolavori fotografici intitolati “untitled” o peggio “DSC1123″……. Che peccato…

🙂

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Nel 2008 il giornalista Gene Weingarten vinse il premio Pulitzer per un esperimento che aveva ideato e condotto a proposito della capacità del pubblico di saper apprezzare e riconoscere la qualità artistica.

L’esperimento consisteva nell’aver fatto suonare il famoso violinista Joshua Bell in una stazione della metropolitana di Whashington, filmando la reazione dei passanti.

In quei giorni Bell stava provocando dei veri e propri “tutto esaurito” con i suoi concerti in teatri da 100 dollari a biglietto, ma nei 45 minuti di performance nella metropolitana solo sette persone si fermarono ad ascoltare e l’incasso si fermò a poco più di 20 dollari.

L’evento fu ripreso  da una telecamera nascosta. Puoi vedere il video qui sotto.  

Possibile che il nostro ritmo di vita e la sempre maggiore attitudine al superficiale ed al “mordi e fuggi” ci stia rendendo sempre più sordi o ciechi ?

E’ immediato pensare come la stessa identica cosa possa succedere con la fotografia…

A domani per alcune altre considerazioni a questo proposito…

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Lo Zen e il tiro con l'arco

Lo Zen e il tiro con l’arco

C’è uno splendida lettura che più o meno tutti abbiamo fatto.
“Lo Zen e il tiro con l’arco” è un piccolo libro scritto da Eugen Herrigel, un professore di filosofia tedesco che scelse di imparare in modo classico l’arte del tiro con l’arco in Giappone, affidandosi quindi ad un “Sensei” : un maestro Zen appunto.

Herrigel ne ricavò una importante esperienza di vita, qualcosa che lo cambiò dall’interno e nel libro questa intensità c’è tutta.

E’ una lettura sovente suggerita da qualcuno che ne è rimasto giustamente affascinato o che comunque lo ritiene un piccolo gioiello da condividere.

Ritrovandolo su uno scaffale della mia libreria ho deciso di rileggerlo (e lo si fa in un’oretta dato che sono circa novanta pagine) provando a fare quello che con lo Zen si può praticamente sempre: modificare totalmente l’oggetto dell’arte di cui si parla in origine, mantenendo però intatta la filosofia… lasciando quindi inalterato l’approccio.

E così ho riletto il libro sostituendo la parola “arco” con “macchina fotografica” e “bersaglio” con “soggetto. Lo “scoccare della freccia” diviene il “far scattare l’otturatore” ed il “volo” di questa si trasforma nel concetto di “‘esposizione”.

E’ meraviglioso.
Te lo consiglio di cuore.

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Trendy elements

Trendy elements – © Copyright 2009 Pega

a fotografia è un’arte strettamente connessa allo strumento necessario per realizzarla ed è tra le forme espressive che ha visto una maggiore evoluzione di questo strumento nel corso degli anni.
L’evoluzione della macchina fotografica ha pian piano avvicinato un grandissimo numero di persone alla fotografia. E’ un un percorso che possiamo dire iniziato nel dopoguerra con la diffusione delle fotocamere di piccolo formato, e continuato fino ai giorni nostri con l’accelerazione portata dal digitale attraverso le compatte ed i telefonini dotati di videofotocamera.
Questi decenni di automatismi sempre più evoluti ed efficaci hanno reso via via più semplici e facili da usare le macchine fotografiche, riducendo la necessità di possedere una solida preparazione per essere in grado di fare delle belle foto, almeno dal punto di vista tecnico s’intende. Esiste di conseguenza la possibilità di fare fotografia in modo quasi totalmente passivo, limitandosi ad “inquadrare e scattare”.
E’ un atteggiamento contrapposto a quello classico, quello più accademico, di chi invece vede nella fotografia una disciplina attiva che richiede applicazione. E’ l’impostazione che esiste in tutte le altre forme d’arte che necessitano un artista preparato a creare: la pittura ad esempio, ma anche la narrazione scritta o la musica…
Alla luce di questo doppio approccio che contribuisce a rendere la fotografia così affascinante ed in continua mutazione, evoluzione e diffusione, possiamo comunque considerare anche la fotografia passiva una vera e propria forma d’arte?

Tu che ne pensi?

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Saint-Cloud, Paris 1921

Saint-Cloud, Paris 1921 - Eugene Atget


Ci sono domande che è stimolante e divertente porsi, in modo particolare se si è in compagnia. Questa per esempio è perfetta per una serata tra amici, specie se appassionati di fotografia o arti visive. Tra musicisti invece può scatenare un vero putiferio la domanda “quand’è che una band o un musicista è “commerciale”?” oppure per coinvolgere proprio tutti un “quand’è che si diventa grandi?”.

Ma a parte gli scherzi… quand’è che è arte?.
E’ una domanda che ha una storia millenaria, fiumi di scritti ed opinioni al proposito.
Io la pongo a te lettore di questo blog.
Sono abbastanza sicuro che te la sei già posta in passato, ma se così non fosse… eccola.
Se vuoi puoi esprimere il tuo pensiero in un commento qui sotto, oppure meditare in privato sulla tua personalissima risposta. Credo che l’importante sia provare a darne comunque un’interpretazione propria.

Nello spirito di condivisione che anima questo blog esprimo brevemente il mio punto di vista, cercando qui di sintetizzare al massimo, forse banalizzando un po’, ma lasciando aperta la porta a qualsiasi approfondimento.
E’ un punto di vista semplice e classico, per niente originale.

Secondo me l’arte è esclusivamente nell’occhio dell’osservatore. Sono il suo modo di vedere le cose, la sua cultura e le sue esperienze  che determinano la percezione che trae dall’opera e le emozioni che ne riceve.

Se per te è arte, anche se non lo è per il resto del mondo, è arte!

Art is in the eye of the beholder“.

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